Vincent Van Gogh - Notte stellata sul Rodano - particolare (Musée d’Orsay, Parigi)

13 agosto 2009

Il viaggio più bello è per casa

Puoi girare il mondo e vedere paesaggi stupendi, salire in cima al più alto grattacielo di New York e sentirti in capo al mondo, arrivare fino a terre quasi sconosciute e scoprire che ciò che ti manca è casa tua.
Sì per quanto l'uomo girovaghi cerca sempre la casa in cui tornare e posare il capo tra gli affetti dei suoi cari.
Molto bella questa immagine della Corradi che di ritorno dal Canada in aereo brama di scorgere le cascine lombarde e i campanili di Gallarate.

                                                       *************

di Marina Corradi, tratto da [Tempi.it]5 agosto 2009

Mesi fa, in Canada, l’idea che tra i figli e me ci fosse di mezzo l’oceano mi metteva la vertigine. Ma al ritorno, al ritorno è stato bello salire a bordo, assopirsi e pensare che ogni minuto ero di qualche chilometro più vicina

Da ragazza, mi piaceva più di tutto partire. Non importava per dove, ma meglio era se si andava lontano, in posti sconosciuti e diversi dall’Italia. Partire mi piace ancora, anche se, con gli anni, qualcosa mi lega sempre alle facce, alle voci e ai rumori di casa. E quindi ogni volta che vado via per lavoro mi accorgo che ciò che aspetto di più in fondo è il viaggio di ritorno. Il viaggio più bello è per casa.
E tanto più se sono stata via a lungo, e se sono andata lontano. Mesi fa, in Canada, l’idea che tra i figli e me ci fosse di mezzo l’oceano mi metteva la vertigine. Cercavo di non pensarci nel volo di andata, mentre il Boeing faceva prua verso ovest, e inesorabilmente andava incontro alla luce del giorno. Ma al ritorno, al ritorno invece è stato bello salire a bordo, assopirsi e pensare a quell’immenso mare di sotto, e a quanto veloce e sicuro il grosso aereo lo attraversava, e che ogni minuto ero di qualche chilometro più vicina a casa.
E poi, nel confuso chiarore dell’alba, bello ritrovare la distesa generosa dei campi attorno a Malpensa, e le cascine lombarde dalle corti ampie e quadrate. E distanze, fra un paesino e l’altro, piccole, da fare in bicicletta – non come in Canada, dove il treno correva per un’ora senza che potessi scorgere una fattoria, e dopo un po’ prendeva una inquietudine, quasi una sottile paura: nell’eco del fischio del locomotore che si perdeva in quella ampiezza infinita. Invece dal cielo sopra a Gallarate contemplavo i piccoli borghi di case ammassate attorno a un campanile, soddisfatta: questo è un posto per vivere, mi dicevo, gli uomini hanno bisogno di campanili, e di vicini. E anche il verde dei boschi mi pareva poi – allo sguardo affettuoso con cui lo contemplavo dal finestrino – diverso da quello sterminato del Quebec, inconfondibilmente familiare nei filari di betulle chiare e mansuete.
Il viaggio più bello è per casa. Quando l’aereo scende verso Linate e cerchi e trovi con gli occhi il binario largo dell’Autosole, e la barriera del casello. O, se torni di notte, il palpitare delle luci giallastre dei fanali delle strade, prima rade, poi sempre più fitte, finché sopra Milano il cielo è di un fosco rossiccio. E laggiù, in mezzo a questo mare metropolitano, una luce è quella di casa tua. Il suono metallico del carrello, l’aereo che docile si inclina verso terra, scende, scende, ecco le luci violette della pista. Stonf, il tonfo sordo delle ruote sull’asfalto, terra, sei tornata. Il piacere di sentire di nuovo parlare italiano. E l’odore di caffè del bar, e l’accento milanese del taxista che domanda: dove andiamo?
Lasciarsi andare sul sedile, mentre dici l’indirizzo, e abbassi il finestrino. Respirare a fondo: deve aver piovuto da poco, c’è odore di pioggia a Milano, ed è diverso dalla pioggia a Montreal, o a Strasburgo. Accarezzare dentro la tasca le chiavi: un quarto d’ora ancora. E intanto passi in rassegna vie e piazze ben note, ognuna delle quali ti ricorda qualcosa: tutto è rimasto uguale. La tua edicola, le finestre al secondo piano illuminate. Eccoci. Finalmente. Dove c’è chi ti aspetta. Il viaggio più bello è per casa.