Vincent Van Gogh - Notte stellata sul Rodano - particolare (Musée d’Orsay, Parigi)

25 marzo 2015

Annunciazione

Beato Angelico (Guido di Pietro), Annunciazione del corridoio Nord, 1440-1450
Firenze, Convento di San Marco.

Tutte le volte che ci troviamo a pregare la Madonna, provo un brivido di emozione. L’angelo, presentatosi a Maria, dice: «Ti saluto, o piena di grazia». E Maria, visitando Elisabetta: «...tutte le generazioni mi chiameranno beata...» (Lc 1,28-30). È un’emozione perché, venendo qui, ora stiamo realizzando la sua profezia. Stasera diamo il nostro contributo testimoniando che la profezia si avvera: ti chiameranno beata.
Oggi il richiamo che la giovane israelita, Maria, vuole fare è quello della maturità della fede.
Da lei così giovane (aveva allora circa 15 anni) dobbiamo imparare la maturità della fede. Se una fede non diventa matura, è vana, è svuotata dal clima anticristiano di oggi.
Guardando a Maria, vogliamo ora vedere quali sono i fattori della maturità della fede, cioè quando la fede è matura. Non voglio, così, intendere l’effetto che la fede matura provoca (cioè una fede matura è salda, non si lascia travolgere dall’ambiente), ma mi preoccupa parlare dei fattori che costituiscono la fede.

Esaminiamo il passo dell’Annunciazione (Vangelo di san Luca 1,26-38): fin da qui quella giovane dimostra di essere piena della coscienza che la sua vita apparteneva a un Altro.
1. Di fatto questo è il primo fattore della vocazione: la vita, cristianamente parlando, è una vocazione.
Perché la vita sia sentita come vocazione occorre questo: avere la coscienza che la mia vita è di un Altro. Questa coscienza in Maria non è astratta; ci sono, infatti, due cose che definiscono questa appartenenza della Madonna, nella sua vita concreta, a Dio:
a) si trattava, per Maria, di decidere del suo futuro, della sua vita concreta, di ciò che doveva fare e di come dovesse divenire madre. La Madonna apparteneva a Dio nella concretezza e nella determinazione di ciò che avrebbe dovuto fare: pensiamo a quanto ha sofferto anche all’inizio, quando solo lei sapeva che cosa doveva accadere. Il Signore le chiedeva il suo tempo, le sue giornate: apparteneva a Dio nella modalità fisica del suo tempo.
b) La Madonna aveva, quindi, molto chiaro che la sua vita apparteneva a un Altro, nella concretezza dell’affronto del quotidiano: tutto di lei apparteneva al Signore attraverso un legame preciso, il legame al suo popolo.
La sua vita era dentro, immersa in quella del suo popolo. Ciò che l’angelo le comunicava era dentro la storia del suo popolo. Infatti il disegno che Dio svolge nel mondo è attraverso una solidarietà, una fraternità, un legame di popolo. Si avvera ciò che il papa Paolo VI diceva in un suo discorso: i cristiani fanno nel mondo una specie di razza sui generis.
Ora, se applichiamo questa osservazione a noi, notiamo:
che la tua vita appartenga a un altro, questo è evidente (non mi sono fatto da me): ma è dentro le determinazioni di tutti i giorni (nel lavoro, in tutto ciò che fai, sia che lo voglia o lo debba fare, nella fatica, nella gioia, ecc.) che tu appartieni a un Altro, in ogni attimo.
Se avessimo questa coscienza (cioè a chi appartengo) quando formiamo una famiglia, quando andiamo a lavorare, quando affrontiamo qualsiasi cosa della nostra giornata, se pensassimo che lì noi stiamo costruendo il suo popolo, apparteniamo lì al suo popolo, che nobiltà sentiremmo nella nostra esistenza!
Concludendo, il primo fattore, per una fede matura, è quindi riconoscere una presenza che mi possiede in tutto. Mi possiede per realizzare un disegno che si chiama “popolo di Dio”, perciò niente di ciò che vivo è inutile, neanche un istante è vano: dovremmo rendere conto di tutto ciò che viviamo, perché tutto è per il Suo disegno.
 
2. Continuando a seguire il passo dell’Annunciazione, vediamo ora il secondo fattore di una fede matura.
L’angelo parlò dicendo: «...non temere, Maria, perché hai trovato grazia agli occhi di Dio... Il Signore Dio gli darà il trono di Davide [qui vediamo il legame con il popolo]. Maria disse: avvenga di me ciò che hai detto»: cioè fiat (cfr. Lc 1,30-38). È questo fiat il secondo elemento per una fede matura: è l’energia di quel sì. Come san Paolo chiamerà Gesù: l’«Amen», il «sì» di Dio (cfr. 2 Cor 1,18-20).
Questa energia è la forza della volontà, o meglio della libertà.
La libertà che aderisce dice: «Sì, riconosco». Ci può essere, però, un riconoscimento che non accetta, non si coinvolge. In questo modo la mia fede diventa fiacca, vuota, senza senso. Bisogna sottolineare la ragionevolezza di quel «sì»: perchè lei ha detto di sì?
Nel mistero di quel momento la Madonna ha intuito che era proprio un annuncio di Dio, Dio vero. Così è avvenuto anche per noi. Infatti nessuno di noi è cristiano se non perché, in qualche modo, l’intuito, il capire che Cristo è vero, la Chiesa è vera, il mistero cristiano è vero, l’ha preso anche solo per un attimo. Tutti abbiamo avuto questa intuizione.
La grandezza della Madonna è la sua semplicità: lei ha detto: «Sì» e basta, non chiedeva altro. Noi, invece, abbiamo sempre bisogno di qualcosa d’altro, di qualche prova in più per potere essere decisi.
La maturità della fede, Cristo l’ha definita, paragonata al bambino. Il bambino sente istintivamente di appartenere ai genitori e di fronte alle cose dice: «Sì», sgrana gli occhi: non chiede altre conferme di ciò che vede. Quello che il bambino fa per istinto di natura, l’uomo con una fede matura lo fa coscientemente. Quindi la maturità della fede è il bambino che da istinto diventa coscienza, con la stessa semplicità.
 
3. «Allora Maria disse: “Ecco la serva del Signore...”. E l’angelo partì da lei» (cfr. Lc 1,38). Pensiamo ora a Maria rimasta sola in casa: sola di fronte a quella cosa enorme che le era stata proposta, detta.
Poteva dire: «Non ho sentito niente, era un’illusione!». Ma non avviene così. Da questo nasce il terzo fattore della maturità della fede: è l’energia, la forza per rimanere nel Signore, per permanere in ciò che si è visto.
Noi, invece, di fronte alla prima fatica, facciamo obiezione, diciamo: «Non è vero». Maria è sola, fa fatica, ma è “ferma”. La sua è una semplicità con una forza grande e semplice.
Persino Abramo si era lamentato, Mosè aveva tremato: Maria è certa nella sua solitudine. Maria è una fortezza, grande e semplice. Anche Giannetta, qui a Caravaggio, e Lucia a Fatima provarono la stessa solitudine, ma furono sorrette dalla stessa certezza, furono ferme. Semplicità impavida (cioè piena di emozione), che ha sfidato tutta la vita da sola con «quella cosa» che le era stata detta. Sola di fronte alla gente che non crede, di fronte al lavoro che deve fare: c’è la solitudine e c’è l’adesione sua al Signore.
Ciò che in noi non deve venire mai meno è l’adesione della nostra fede: quando le emozioni non ci sono più, quando non hai più la carica iniziale, quando gli amici non ci sono, ciò che deve rimanere è la nostra fedeltà all’adesione data a Cristo.
 
Quindi i tre elementi che distinguono la maturità della fede sono:
1. Coscienza di appartenere a un Altro (appartenenza con i propri pesi, i propri peccati, al Corpo visibile di Cristo, la Sua Chiesa).
2. Energia del «sì»: semplicità della libertà. Niente diventa obiezione. Semplicità che ci fa vivere da uomini coscienti. (Devi dire: «Sì», perché con i «ma» e i «però» non sarai mai convinto).
3. Fedeltà: energia per permanere nel Signore, nella sua Chiesa.

Ora leggo ciò che per me è il simbolo della nostra povera vita personale e collettiva, diversa da quella di Maria: «...Perché noi non abbiamo potuto scacciarlo? ...Per la vostra poca fede. [rispose Gesù] ...Niente vi sarà impossibile...» (Mt 17,20).
Nel mondo d’oggi, noi, dal punto di vista di cristiani, siamo come epilettici: una volta pieni di emozione e un’altra freddi, senza speranza ed energia. Siamo fragili e volubili: questa fragilità e volubilità disfa la fede. Quindi la fede perde il suo fascino, la sua forza: «...chi mi segue avrà il centuplo quaggiù...» (cfr. Mt 19,29; Mc 10,29-30; Lc 18,29-30). Noi non siamo come chi ha perso la fede: siamo, invece, fragili e volubili. Qual è il mezzo per scacciare questo «demonio»? Anche Gesù lo dice: la preghiera e la penitenza, il digiuno.

La preghiera è il riconoscimento di qualcosa di più grande tra noi: Cristo tra noi. Con la preghiera Cristo ci diventa familiare. Avere coscienza di questa presenza (e questo è esaltante, è una profondità nuova perché è la coscienza di Dio che governa il nostro corpo) vuol dire espropriarsi, è perdersi, non possedere più niente: abbiamo tutto, ma siamo stati strappati da tutto. Questo è il digiuno: è il coraggio gustoso del sacrificio. Questo distacco da tutto fa nascere di più la passione per Cristo: ancora una volta, Maria sotto la croce è espropriata da ciò che le era stato dato. Infatti Gesù, rivolgendosi a lei dalla croce e indicandole Giovanni, dice: «Donna, ecco tuo figlio!» (Gv 19,26): più espropriata di così! Eppure lì possedeva ancora di più la coscienza della sua appartenenza.
Ma che cos’è, cristianamente parlando, il distacco nell’avere le cose? È la verginità: è l’ideale della vita cristiana, il possesso vero delle cose. È un valore da vivere in tutte le vocazioni. Questo coraggio del sacrificio fa possedere di più tutto, perché tutto appartiene a Cristo, come io appartengo a Lui.
Il sintomo della maturità della fede è la memoria, per cui Cristo, reso presente fra noi, diventa familiare a noi in ogni luogo (non solo in chiesa) e da ciò nasce il coraggio di possedere le cose nella verginità, come la Vergine Maria ci ha insegnato.

Luigi Giussani
Appunti dall’intervento al Santuario della Beata Vergine di Caravaggio, 3 giugno 1982



19 marzo 2015

Auguri bisnonna Pinuccia

Questa splendida aiuola di primule del giardino di casa mia è tutta opera della bisnonna Pinuccia nel fior fiore delle sue ottantacinque primavere.

 
Oggi si festeggia San Giuseppe ed è l'onomastico della mia mamma Giuseppina, per noi Pinuccia, ed è anche la festa del papà, il mio ormai non c'è più da tantissimi anni e ci guarda da lassù.
Mio padre per San Giuseppe regalava sempre a sua moglie qualche nuova pianta da mettere in giardino, era diventata una tradizione favorita anche dal periodo giusto per il trapianto.
Stamattina, praticamente all'alba, mia madre era già in giardino a trapiantare primule!!!!
Spesso i vicini di casa, ma anche persone che passano davanti a casa nostra, si fermano a far quattro chiacchere e le chiedono dei fiori, adesso che siamo all'inizio della primavera mostrano i loro sgargianti colori le primule, sono semplici da trapiantare e poi si propagano velocemente basta dividere in due la pianticella madre. Ma non manca anche la distribuzione di narcisi e iris, più avanti seguirà la distribuzione delle calle, poi le piantine già attecchite di lavanda e i semi delle belledinotte e via di seguito solo per parlar di fiori.
L'orto ormai non lo segue più nessuno, ma giusto le quattro cose che crescono da sole senza troppa fatica anche quelle non riesce a fare a meno di condividerle.
E così il mio vicino ormai non compra più la rucola, perché è molto più tenera quella della Pina, menta salvia e rosmarino ormai invadono il giardino tante sono le pianticelle che stanno crescendo per donarle, anche alle figlie che non abitano più con noi e che immancabilmente le fanno morire.
Poi seguiranno fagiolini, peperoncino dolce e pomodori a grappolo. I pomodori che restano verdi e non maturano finiscono nella marmellata di pomodori verdi con la quale realizza dolci a mezzaluna. Le piantine di basilico prenderanno il posto delle primule per fare la scorta di pesto da surgelare, perché la prima nipotina femmina è allergica ai latticini e mangia il pesto senza formaggio.
Non manca neppure la frutta da distribuire: prugne, albicocche e cachi, uva bianca e uva americana. L'unica frutta che scompare nella pancia di qualcuno appena matura sono le fragole, sono dolci, sode e gustose, non mollicce come quelle che spesso si comperano.
Ah cara mamma se non ci fossi tu a curare amorevolmente il giardino sarebbero solo erbacce.
Un grande abbraccio da tua figlia maggiore e dai suoi nipotini che appena arrivano si divertono a rimestare la terra con la nonna-bis.
 

17 marzo 2015

Gioia che traspare

Carissimi, quest'oggi vi propongo una bella riflessione dell'amica Annamaria.
 
 
 
"Capita di osservare talora nel comportamento altrui - ma a volte anche in noi stessi - un'accattivante immediatezza molto simile alla spontaneità, che tuttavia si rivela poi superficiale e priva di spessore.
Si tratta in realtà di quella sbadataggine che spinge, in certe situazioni, a dire la prima parola che ci passa per la testa o fare la prima cosa che ci viene in mente così, senza pensarci troppo.
Ma c'è - al contrario - un'immediatezza affascinante come un miracolo, nella quale si percepisce che parole, azioni, gesti della persona che abbiamo davanti sono una cosa sola in profonda unità con tutto il suo essere. 
Discorsi e comportamenti sgorgano allora come acqua sorgiva che affiora limpida e altrettanto limpida scorre poi tra i ritmi della quotidianità; e non importa che si tratti - a volte - anche di minime cose, ma tutto è luminosamente e splendidamente vero.
E' un atteggiamento di semplicità, una sorridente effusione del profondo, una vera e propria trasparenza del cuore simile a quella dei bambini quando ancora non si sono conformati al mondo degli adulti. Immediatezza, del resto, significa proprio assenza di artificio perché ciò che siamo arrivi agli altri in modo diretto, non mediato da qualsivoglia condizionamento, difesa o paura. 
Siamo noi e siamo liberi." [...]
 
potete leggere tutto il post sul suo blog : Gioire in musica


 

13 marzo 2015

Qualcosa dentro qualcosa


Il bello dell'alzarsi al mattino
è che noi non siamo lasciati da soli
con il nostro niente,
con il nostro sentimento,
con il nostro stato d'animo,
con la nostra percezione.
Oggi siamo qui e il Signore
ci è venuto incontro in tanti modi
da quando abbiamo aperto gli occhi questa mattina:
dalla bellezza del reale che ci circonda
al volto degli amici...
Il Signore ricomincia la lotta contro il dualismo,
contro il nichilismo,
ogni mattina,
venendo incontro a noi:
non ci lascia soli.

Juliàn Carròn
da "Qualcosa dentro qualcosa"
La thuile - 27-31 ago 2005

07 marzo 2015

Al mattino




Al mattino  di Adriana Mascagni

Al mattino, Signore, al mattino
la mia anfora è vuota alla fonte
e nell’aria che vibra e traspare
so che puoi farmi grande, Signore.
La, la la ...

E le ore del giorno, al mattino
di tua gloria son tenera argilla.
Uno è l’alveo del mio desiderio:
ch’io ti veda, ed è questo il mattino.
La, la la ...



Al mattino è nata così: io sono una dormigliona e faccio fatica la mattina sempre, fin da allora, ad alzarmi. In più, a quell'epoca facevo un po' di resistenza, perché voleva dire alzarsi per preparare gli esami e non avevo molta voglia neanche di questo. Ma Giussani, in questo, mi aiutava moltissimo: mi affiancava persone gentili, che mi venivano a prendere a casa per portarmi a studiare alla biblioteca Sormani, e una di queste persone era Peppino Zola. Quella mattina venne a prendermi con la lambretta: improvvisamente mi sono accorta che il mattino presto era stupendo; c'era quell'aria fresca, pulita, e soprattutto la percezione della preziosità dell'inizio, perché nell'inizio c'è la percezione del divino, nell'inizio c'è il divino, l'inizio è gesto del Mistero, è gesto del divino, e in quel gesto divino c'è la promessa di una grandezza, di una gloria di cui tutto quello che viene dopo, le ore del giorno, sono come una tenera, fragile argilla della gloria, della Sua gloria. E allora tutti i miei desideri si riassumevano in un: "Che io ti veda, ed è questo il mattino".

06 marzo 2015

La primavera è alle porte

Ebbene sì la primavera è alle porte e mi sono decisa a risvegliare anche il blog dal letargo.
Si sente al telegiornale dei disastri  causati dal maltempo e dal vento forte di questi giorni, grazie al cielo qui da noi a Milano c'è stato solo vento, niente acqua o neve.
L'aria è tersa, il cielo ora è limpido e pulito e, se si riesce ad avere una vista dall'alto, magari anche solo da un cavalcavia, si possono ammirare le catene montuose innevate, e ringraziare chi ci ha donato tutto ciò.
Non ho trovato una foto con lo spettacolo che si vede da casa mia, ma anche questa tratta da MilanoCam.it può andare.

 
Stamane stando sul balcone fa frescolino, ma il sole caldo ti entra fin nelle ossa, così non ho acceso il riscaldamento in casa e ho spalancato tutte le finestre per far entrare un po' della brezza primaverile in arrivo. Ho una miriade di cose da fare, compreso un lavoretto che mi hanno commissionato, ma è una di quelle che giornate in cui ti siederesti su un sasso, immobile come una lucertola, pronta a lambire ogni raggio di sole, e io mi son lasciata tentare.
 
Ad onor del vero non è proprio andata così, la mattinata l'ho trascorsa sui miei balconi a rinvigorire le pianticelle dal letargo dell'inverno. E' bello rimestare nella terra affondando le mani per piantare i bulbi, amo i balconi fioriti con le diverse qualità di fiori alternate alle pianticelle aromatiche, il balcone della cucina, che è anche il luogo dove dimoro abitualmente, dalla primavera all'autunno è un po' raffazzonato come un giardino inglese. Salvia, timo, origano e rosmarino non mancano mai, e c'è pure qualche piantina di fragole, tra poco pianterò il basilico e quest'anno aggiungerò anche prezzemolo e carote, ho già fatto una prova lo scorso anno e ho visto che il pollice verde funziona.
 
E' sbocciata anche la piccola rosellina bianca dai petali screziati, è una rosellina delicata che si ammala spesso, ma poi cocciuta come la sua padrona, si riprende ogni volta più bella di prima. I ciclamini più grandi sono fioriti, quelli piccoli non ancora. Le mie varietà di piante grasse sono ancora tutte vive e vegete, le avevo coperte con il tessuto non tessuto e hanno retto bene il gelo dell'inverno.
Ma la cosa sorprendente è che c'è ancora un vaso di surfinie vivo anche se un po' malconcio, e praticamente sorpresa delle sorprese, tutte, ma proprio tutte le pianticelle di gerani sono vive e vegete, sono bellissime con tante tonalità di verde e con numerosi germogli di foglioline. Sono stupita io per prima, le ho solo bagnate qualche volta e coperte con il tessuto, forse per il primo anno non dovrò riacquistarli, staremo a vedere.
La buganville invece non so se si riprenderà, aveva retto bene, fino a un mese fa era ancora florida, ma poi man mano son cadute le foglie e durante i giorni della merla sembrava ormai avvizzita. Ho tagliato i rami secchi e tolto tutte le foglie rinsecchite ho messo un po' di concime e ora non mi resta che aspettare.
Avevo proprio bisogno di stare un po' in mezzo alle mie pianticelle e dedicarmi a loro, è una sensazione gratificante che alleggerisce ogni triste pensiero.