Vincent Van Gogh - Notte stellata sul Rodano - particolare (Musée d’Orsay, Parigi)

31 maggio 2012

La strada della natura


Quando penso a qualcosa di primordiale, di assolutamente originale, mi vengono alla mente i colori (e innanzitutto la luce, cioè il bianco e l’oro). I colori sono le prime parole della natura, le parole che possono leggere anche gli analfabeti, anche coloro che non sanno vedere un quadro, ascoltare una musica, accostare un libro. Essi, dai boschi, dai cieli, dal mare, ricevono un insegnamento fondamentale per la loro vita. Quando non esisteva nulla, ogni uomo che fosse venuto al mondo avrebbe trovato due immensi libri, aperti davanti a lui: le foreste e gli oceani.
Nella mia vita cerco continuamente di tornare a questo insegnamento primordiale, a questa voce che ha parlato prima di ogni voce. Oggi essa è perlopiù sepolta, sia perché non la si sa più ascoltare, sia perché giunge a noi contraffatta. La natura è rovinata: è distrutta dagli uomini, riempita dei suoi cementi, dei suoi scarti, usata. Per questo la sua voce giunge a noi debolmente.
Ma è vero anche l’opposto: è difficile spegnere la bellezza della natura. Abito nella periferia di Roma. Fuori da casa mia comincia la campagna, con i suoi mille sentieri, i suoi prati, i suoi alberi, gli itinerari verso i laghi. La campagna laziale è sempre benevola di luci con differenti tonalità. In ogni stagione, anche se la sua stagione più profonda è l’autunno. Mentre il momento più rivelatore della giornata è il tramonto.

La felicità dei fiori
Ricordo una mostra del grande pittore bielorusso Marc Chagall. Aveva come titolo «I fiori sono la vita stessa nella sua smagliante felicità». Chagall dice qualcosa di cui sono sommamente convinto: la vita ha una sua espressione privilegiata nella natura.
Quando cammino per le strade, quando mi trovo su un treno o su un’automobile, quando mi concedo un po’ di riposo e mi metto a passeggiare, rifletto sul fatto che nel mondo si addensano due tipi di realtà: quelle fatte da Dio, che chiamo originarie, e quelle fatte dall’uomo, che chiamo costruite. Le realtà originarie, frutto di un’evoluzione e di una trasformazione millenaria, sono chiamate nell’epoca moderna “la natura”. Nel medioevo erano “la creazione”.
Dall’età moderna in poi si è guardato non tanto all’origine del mondo animale, vegetale e minerale, ma alla sua perenne e continua trasformazione. Naturus è ciò che sta per nascere, ciò che evolve continuamente. Le montagne sono solcate dai venti e dalle piogge, gli oceani erodono le terre, i terremoti aprono solchi dentro le profondità degli abissi… Questi cambiamenti, che a noi appaiono giganteschi, cosa rappresentano di fronte al continuo movimento dell’universo?
Nello stesso tempo, la natura mi interroga, mi fa compagnia, mi indica una strada per la vita. Questa realtà, che ho chiamato originaria, per i medievali era nata dalle mani di Dio e parlava di lui. Essa ha una sua bellezza profonda: quella che ha visto Chagall, su cui non smetto mai di rivolgere i miei occhi.
È il desiderio di tornare allo sguardo dell’infanzia, quello sguardo che scopre le cose nel momento in cui nascono, in cui cominciano a crescere, manifestando la loro luminosità.

di Massimo Camisasca, estratto da Dentro le cose, verso il mistero, Bur 2012