Vincent Van Gogh - Notte stellata sul Rodano - particolare (Musée d’Orsay, Parigi)

02 giugno 2014

Cara signorina Euforbia mi farai finire nel girone dei golosi.

Ebbene sì grazie anche alla sig.na Euforbia finirò senz'altro nel girone dei golosi. Ho letto qualche riga di recensione dell'ultimo libro per ragazzi di Luigi Ballerini e non ho resistito, mi sono subito procurata il libro da leggere, complice in questo il mio passato da ex bibliotecaria, quando un libro mi incuriosisce devo leggerlo subito, in ogni caso vi sfido a non essere curiosi se qualcuno vi parla di "pasticcini su misura", ma anche la 'nonnite' ha abbondantemente fatto la sua parte nel mio caso.

Luigi Ballerini
La Signorina Euforbia
San Paolo
€12,50 – pp.127

Grazie a questo libro l'autore ha meritatamente vinto l'ambito premio Andersen 2014 per ragazzi tra i 9 e i 12 anni.

L'ho praticamente letto in un fiato e mi sono gustata tutto il buono, il bello e il bene che in esso è sotteso.
Non appena ci si addentra nella lettura delle prime pagine si è subito avvinti, si percepisce un nuovo gusto per la lettura, e si incontra una rarità, un insegnante attento ai suoi studenti, specialmente ad uno particolarmente problematico.  

Come si può ben capire dal titolo il libro racconta di Euforbia, una strana e allampanata pasticciera, che suo padre avrebbe voluto fioraia, tantè che gli acquistò anche il negozio, ma poi dovette cedere le armi all'innata passione della figlia di realizzare pasticcini. La sua è una pasticceria speciale senza neanche un dolcetto esposto, tutto viene fatto al momento su ordinazione e la cosa più affascinante "su misura". Perdonatemi, ma questa cosa è troppo bella e non ve la posso proprio raccontare, dovrete scoprirla da soli leggendo il libro, vi dico solo che Euforbia è una pasticciera attenta, che sa ascoltare chi si presenta nel suo negozio e soprattutto non lascia nulla al caso.


Man mano che proseguivo nella lettura, lo confesso, mi sembrava di sentire aleggiare per casa una miriade di profumi speciali: limone, vaniglia, cannella, ma anche zenzero e cardamomo e in conclusione anche qualcosa di inaspettato come l'aceto balsamico. 
Sono rimasta stupita anche dalle accurate e elaborate descrizioni delle ricette, l'autore è senz'altro uno che conosce bene la materia se sa anche come non fare impazzire la crema. A un certo punto poi, ero così presa che avevo le traveggole, immaginavo il tavolo della mia cucina ricoperto di ciotole e in ogni ciotola una crema diversa, e io allungavo la mano pronta ad infilarci il dito per ritirarlo subito dopo stracarico di una succulenta cremina. Ebbene sì, ve lo avevo già fatto capire è proprio un libro per golosi, ma golosi di addentrarsi in nuove scoperte, come la sottoscritta.

Ma attenzione, non vorrei banalizzare il tutto limitandomi alla golosità, non è solo un libro per golosi, essenzialmente direi che è più un libro sull'amicizia, l'amicizia quella vera, quella che ti fa incontrare un amico o un amica più grande, una persona sincera che ti da sicurezza, che ti insegna a fare le cose bene, e le fa insieme a te, che ti accompagna e ti aiuta a superare anche qualche piccola difficoltà che ti è capitata. E la cosa più straordinaria, è che il tutto avviene semplicemente con una leggerezza incredibile frequentando un "corso settimanale intensivo di cucina".

A questo corso partecipano due ragazzi che sono gli altri protagonisti della storia: Marta, figlia dell'insegnante che dicevo sopra e, guarda a caso cosa gli riserva la sorte, si aggiungerà anche Matteo lo studente balbuziente a cui suo padre tiene particolarmente.
I due ragazzi sono trattati con tutto rispetto da Euforbia, il finale è veramente sorprendente, perchè i due seguendo il modo di vedere e affrontare la realtà che in poco tempo apprendono da Euforbia, stravolgono i fatti di una situazione delicatissima in cui la pasticciera suo malgrado si trova coinvolta,  sono proprio loro che l'aiutano a superare un grosso pasticcio. D'ora in poi anche per loro il futuro sarà meno incerto, anche perché lo affronteranno insieme, guarda a caso nella stessa scuola.

27 aprile 2014

Il Rosario e i Papi Santi


Due uomini innamorati di Gesù Cristo, giunti al soglio di Pietro seguendone i passi. Uomini gioiosi e lieti attaccati al perdono, alla Misericordia, tant'è che la loro canonizzazione è avvenuta proprio nella festa della Divina Misericordia voluta da Giovanni Paolo II.



Tantissimi fatti accomunano i due papi canonizzati oggi, ma uno in particolare è più di altri segno della loro santità. Papa Roncalli e Wojtyla avevano entrambi fatto il proposito di recitare ogni giorno il Santo Rosario in tutti i suoi 15 misteri. 
Giovanni Paolo II è anche l'artefice dei Misteri luminosi, aggiunti ai tradizionali, gaudiosi, dolorosi e gloriosi, con la lettera apostolica del 16 ottobre 2002, la Rosarium Virginis Mariae, con la quale il pontefice rilancia a tutti i credenti la preghiera del Rosario.

Canonizzazione Papa Giovanni XXIII e Papa Giovanni Paolo II


Oggi Sua Santità Papa Francesco proclamerà santi i suoi predecessori Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II.


3 giugno San Giovanni XXIII
 
Ringrazio il mio amico Giuliano per aver pubblicato queste due bellissime icone.

Sono esposte da anni nell'iconostasi della Chiesa dedicata a Papa Giovanni XXIII in Bulgaria e precisamente a Sofia nel Convento delle Suore Eucaristine.
E' travagliata la storia di queste suore in Bulgaria, Angelo Roncalli nominato da Papa Pio XI nunzio Apostolico in Bulgaria vi rimase dal 1924 al 1934, proprio negli anni in cui le Suore Eucaristine costruirono un orfanotrofio (1926-1930), le suore a partire dal 1946 furoro espropriate da tutti i loro beni dal regime comunista compreso l'orfanotrofio. Dopo la caduta del regime nel 1992 presentarono richiesta di restituzione dei loro beni, a cui ne seguirono altre, ma a tutt'oggi la restituzione non è ancora avvenuta.

Così scriveva mons. Roncalli quando dovette lasciare la Bulgaria per recarsi in Turchia e successivamente in Grecia dove trascorse altri dieci anni:
"in qualunque luogo del mondo mi accada di vivere, se alcuno di Bulgaria avrà a passare presso casa mia, durante la notte, fra le difficoltà della vita troverà sempre la lampada accesa. Batta, batta, non gli sarà chiesto se è cattolico o ortodosso: fratello di Bulgaria, basta, entri, due braccia fraterne, un cuore caldo di amico lo accoglieranno a festa…".
La missione di Roncalli fu intensa verso i cattolici e rispettosa nel dialogo con il mondo ortodosso e musulmano. Allo scoppio della seconda guerra mondiale lui era in Grecia devastata dai combattimenti, lì si prodigò nel portare notizie sui prigionieri di guerra e mise in salvo molti ebrei servendosi del «visto di transito» della Delegazione Apostolica, fino a che nel dicembre 1944 Pio XII lo nominò Nunzio Apostolico a Parigi.  Quasi 10 anni dopo nel gennaio del 1953 divenne cardinale gli fu assegnato il Patriarcato di Venezia. Alla morte di Papa Pio XII nell'ottobre del 1958 fu eletto Papa e assunse il nome di Giovanni XXIII. Il suo magistero sociale è contenuto nelle Encicliche «Mater et magistra» (1961) e «Pacem in terris» (1963).

La bella accoglienza fraterna del cattolicesimo accomuna questi due Papi, ma non è la sola, li accomuna anche la convivenza con i regimi totalitari, Roncalli in missione e Wojtyla per nascita, non per nulla da oggi sono Santi.
Scriverò qualche breve nota su Giovanni Paolo II nel prossimo post.


22 ottobre San Giovanni Paolo II

 

22 febbraio 2014

don Giussani: se sei lieto, lo si vede nei tuoi occhi


Ci risiamo, riparte il Ceck-Up
La medicina ha fatto passi da gigante nella cura di molte malattie, cure e interventi eccellenti ormai allungano la vita di decenni, ma non ti risparmiano la fatica dei controlli e verifiche periodici, quelli restano, anzi, spesso e volentieri ti accompagnano per tutto il tempo che ti è dato da vivere. E questo per me è appunto uno di quei periodi dove mi capita di passare parecchio tempo in ospedale. 
Ultimamente ho incontrato un caro amico che non vedevo da molto tempo, anni addietro ci vedevamo spesso lavorava a pochi metri dal mio luogo di lavoro, da quando è andato in pensione anticipata, praticamente lo vedrò, se sono fortunata, una o due volte all'anno. Questa è la mia settimana fortunata, ci siamo incontrati per la prima volta in ospedale, era lì anche lui per i suoi controlli, mi ha abbracciato stringendo gli occhi fino a farli luccicare, quasi non credeva che ero io.
In quel breve spazio di tempo in cui entrambi attendevamo il nostro turno di chiamata, abbiamo parlato un po', tra un ricordo e l'altro mi ha riportato alla mente tanti fatti e amici comuni. Lui è sempre stato un gran parlatore, parlavo anch'io ma preferivo ascoltarlo, ero catturata dai suoi modi, ogni frase finiva in un sorriso, ma ciò che più mi colpiva erano i suoi occhi, piccoli in quel grande viso gonfio dal cortisone, ma sorridenti, occhietti luminosi che non si staccavano da te. 
A un certo punto guardandomi attorno vedo due facce stupite sulle sedie vicino a noi, non faccio in tempo a chiedermi il perché, che mi rispondo da sola. Io e il mio amico non ci stavamo raccontando barzellette, anzi, ci raccontavamo a vicenda di come stavamo vivendo la vita noi e altri comuni amici, anche loro con una salute non certo eccellente, ma il nostro parlare, i nostri sguardi, non erano per nulla tristi. 
I miei familiari mi dicono sempre che sono una persona forte che sa affrontare le avversità, io non ne sono per nulla certa, sento tutta la fragilità del mio essere e sò bene che da sola non ne sarei capace, ma con l'aiuto di qualcun Altro sì. La stessa cosa era evidente anche nel mio amico, in lui ancor di più, con una forza strarompente che stupiva anche me, era evidentemente lieto, ogni sua parola, ogni suo gesto lo diceva, lieto, di una lietezza che nasceva dal profondo, quasi, oserei dire, grato al Signore anche di queste fatiche che gli toccava vivere. Tra me e me dicevo "che grazia viver così".
A un certo punto mi è sembrato che mi leggesse in volto ciò che stavo pensando ascoltandolo, perché mi dice: noi siamo fortunati per aver incontrato don Giussani e il movimento che ci permette di vivere in letizia anche questo. Non lo sò, forse sono anche arrossita, perché era proprio ciò che mi era evidente in quel momento guardando lui.


Caro don Giuss, proprio oggi, che ricorrono nove anni dalla tua morte, ti ringrazio infinitamente di questo sguardo sulla vita che hai trasmesso a me e a tantissimi amici con il tuo esempio, con la tua vita. E soprattutto, ti prego di ricordarmelo ogni giorno sul volto degli amici.


don Luigi Giussani

"La nostra vita, impostata secondo la sua essenzialità, secondo la sua verità, ha una nota (nel senso delle note della Chiesa) caratteristica, inconfondibile e insostituibile, che è la letizia: un’amicizia, la capacità di un’amicizia lieta (non lieta perché si fanno bagordi per tre ore o per sei). È questa letizia - che caratterizza una trama di rapporti, che caratterizza la persona dentro la trama di rapporti vissuta come sequela - che porta Cristo al mondo. Il mondo è colpito dalla letizia, perché non ne è capace. Come il buon Manzoni parlava della «Pace, che il mondo irride, / Ma che rapir non può»). Comunque, guardate che «pace» vuole dire letizia. Ognuno di voi lo può rilevare da se stesso: è solo se l’esperienza della vita cristiana gli dà letizia che verifica la sua consistenza. La verità sta nella letizia. Badate che questa letizia è una connotazione che può stare mentre uno muore, può stare col più grande dolore, perché non è qualcosa che raggrinza i muscoli, gli zigomi, non c’entra con i muscoli della faccia; c’entra con la faccia, questo sì, c’entra con gli occhi".

Luigi Giussani, punto VIII in Ciò che abbiamodi più caro (1988-1989), BUR, 2011, collana I libri di Giussani: L'equipe.


 






16 febbraio 2014

L’umiltà non fa rumore


In questo periodo di incessante e nauseante 'rumore' dei media, mi è capitato provvidenzialmente di leggere queste poche righe e ve ne faccio dono.
Non so quale effetto farà a voi questa lettura, io ho tirato un sospiro di sollievo... chi vivrà vedrà.

dipinto di Robert Duncan

Camminavo con mio padre, quando all’improvviso si arrestò ad una curva e dopo un breve silenzio mi domandò: “Oltre al canto dei passeri, senti qualcos’altro?”
Aguzzai le orecchie e dopo alcuni secondi gli risposi:
“Il rumore di un carretto”.
“Giusto - mi disse -. È un carretto vuoto”.
Io gli domandai:“Come fai a sapere che si tratta di un carretto vuoto se non lo hai ancora visto?”.
Mi rispose:“E’ facile capire quando un carretto è vuoto, dal momento che quanto più è vuoto, tanto più fa rumore”.
Divenni adulto e anche oggi quando vedo una persona che parla troppo, interrompe la conversazione degli altri, è invadente, si vanta delle doti che pensa di avere, è prepotente e pensa di poter fare a meno degli altri, ho l’impressione di ascoltare la voce di mio padre che dice:
“Quanto più il carretto è vuoto, tanto più fa rumore".

Elogio dell’umiltà di Bruno Ferrero


28 gennaio 2014

Lo sguardo di una mamma


Si sa la mamma è sempre la mamma e i figli so' piezz'e core, ma lo ammetto è veramente raro incontrare una madre con uno sguardo così.
Una madre che considera suo figlio 'speciale' e che dire ..l'imperfezione...una meravigliosa sinergia cosmica.
Una madre che non pretende di cambiare nulla del figlio, una madre che sa vedere le cose belle osservando suo figlio all'opera, una madre che ha il coraggio di ribaltare il flusso educativo affermando di imparare dal figlio dislessico, una madre che rilegge tutta la sua vita partendo da questo fatto e ringrazia di quello che il figlio ha avuto: la dislessia, che per tutti è considerata un 'deficit', una mancanza un di meno.
Ho tanto da imparare da una madre così. grazie Silvia.




Caro direttore,

le parlo di mio figlio Emanuele, che ha 11 anni ed è speciale: è dislessico. I figli non sono nostri, ma di Dio. E, se io ne avessi avuto subito la consapevolezza, tanti errori non li avrei commessi. Ogni figlio nasconde impressa l’immagine di Dio e quindi ogni dettaglio – anche l’imperfezione – se lo guardiamo con gli occhi di Dio è espressione di una meravigliosa sinergia cosmica. Tutto accade per un fine: amare Lui e di conseguenza gli altri ed essere felici. Emanuele è arrivato come un fulmine a ciel sereno. Dio mi sta insegnando a rileggere la vita di mio figlio, a usare un alfabeto diverso, a ripercorrere il mio passato riconoscendo tutto l’amore, la pazienza e la dolcezza che Lui ha usato con me. In questo modo, il mio sguardo cambia verso tutto, anche verso mio figlio. A Emanuele fin da piccolo piacevano i quadri e non si annoiava a osservarli nei musei: c’era sempre qualcosa che lo colpiva, le sue osservazioni non erano mai banali, anche se non riusciva a tradurle in parola scritta. Ha una sensibilità spiccata per gli altri: sempre attento alla salute dei nonni, mai indifferente alla sofferenza altrui, lascia stupita l’anziana Emma perché quando la vede arrivare in bicicletta lascia i giochi e va ad aprirle il cancello… Ha pianto quando il maestro di matematica se ne andato, quando è partito un compagno straniero conosciuto da poco. Ha pianto quando Guido e Maria sono partiti come missionari e ha fatto per loro un meraviglioso disegno: un aereo che volava con loro dentro e le ali erano lo Spirito Santo; ha insistito perché invitassimo lo zio separato per non farlo sentire troppo solo, non sopporta vedere piangere la sorellina anche quando è per un capriccio e cerca di capire se ha qualche bisogno che magari noi non vediamo. E poi la sua voce è uscita in un canto meraviglioso e un maestro di musica l’ha fatto entrare in un coro dove la sua voce calda, modulata assieme a quelle dei compagni ha fatto vibrare i cuori di giurie e scaldato gli animi di tanti. Guardo i suoi begli occhi azzurri e penso che sono fortunata, anzi graziata, perché averlo come figlio così diverso mi ha obbligato a guardare le cose da una prospettiva diversa, a non dare per scontato che tutto deve sempre andare da sinistra a destra o da sopra a sotto, che tanti “no” possono diventare “sì”, e sono anche meglio. La fretta di tutti i giorni è rallentata dai suoi ritmi e ho scoperto che è bello e gratificante essere pazienti, che la velocità spesso impedisce di cogliere i dettagli, che l’impazienza è un limite sciocco e invalidante. Ogni giorno mi sorprende, mostrandomi aspetti del mondo ai quali non avevo pensato. È l’immagine di un universo che, creato da Dio, si lascia scoprire poco a poco; anche il modo di essere di Emanuele è espressione della Sua fantastica fantasia. È il quarto di sei figli e unico maschio, una quotidianità un po’ dura e speciale lo stava aspettando. Non mi chiedo, caro direttore, che cosa farà da grande perché lui è grande; so che Dio ha un disegno su di lui e che sarà speciale. Chiedo a Maria di illuminare questo progetto divino perché lui possa riconoscerlo e seguirlo. Grazie Emanuele e grazie Signore per avermi scelta immeritevole madre.

Silvia Vassalli – S. Felice del Benaco (Bs)
tratta da Avvenire rubrica delle lettera al direttore
28 gennaio 2014

13 gennaio 2014

Stranezze artistiche



Ebbene sì è proprio vero, guardando queste piccole opere dell'artista Junior Fritz Jacquet devo proprio ammetterlo, l'arte utilizza tutto proprio tutto per esprimersi. 
Qualsiasi oggetto, anche materiale di riciclo, è fonte di ispirazione per gli artisti, Fritz direi che è originalissimo nelle sue creazioni, queste strane e simpatiche faccine nascono da un cilindro ... lascio a voi indovinare di che materiale di riciclo si tratta.