Vincent Van Gogh - Notte stellata sul Rodano - particolare (Musée d’Orsay, Parigi)

29 dicembre 2013

Bla, bla bla...


Norman Rockwell, Chiacchieroni, XX sec.
A volte non ci si rende conto del danno che fa il parlare a vanvera, non si tratta di semplici amenità purtroppo, spesso quel parlar del più e del meno fa più danni che bene. Occorre riconsiderare quel banalissimo consiglio "prima di parlare conta fino a dieci", così hai tempo di riflettere sull'utilità o meno di ciò che volevi dire.

Concordo appieno con ciò che ha detto in proposito il Santo Padre recentemente:

"Sì, obiezione di coscienza alle chiacchiere. Noi giustamente insistiamo molto sul valore dell’obiezione di coscienza, ma forse dobbiamo esercitarla anche per difenderci da una legge non scritta dei nostri ambienti che purtroppo è quella delle chiacchiere. Allora facciamo tutti obiezione di coscienza; e badate che non voglio fare solo un discorso morale! Perché le chiacchiere danneggiano la qualità delle persone, danneggiano la qualità del lavoro e dell’ambiente."

Papa Francesco, 21 dicembre 2013, dal discorso alla Curia romana

20 novembre 2013

La chiamata di Matteo

Nella vita la bellezza ti attrae, e la Bellezza con la B maiuscola ancor di più perché la senti corrispondente a te. Nella mia storia personale l'arte e la bellezza estetica hanno un posto in prima fila, ma attraverso le opere degli artisti qualcuno mi ha educato a vedere il Bello a cui rimandano. 
Tra i tanti quadri in cui è raffigurato Gesù quello che amo in modo particolare, direi quasi assoluto è la Chiamata o Vocazione di San Matteo di Caravaggio.
I quadri di Caravaggio li ho ammirati quasi tutti dal vero, e la Chiamata di Matteo mi ha sempre attratto particolarmente perché è come se chiamasse me con quel dito puntato verso Matteo. Adoro poi il bellissimo volto di Gesù, è sicuramente tra le più belle raffigurazioni di Gesù esistenti, e soprattutto, adoro quel sovrapporsi della figura di Pietro a Gesù quasi a indicarne la continuità nel tempo nella Chiesa.

La vocazione di Matteo, Michelangelo Merisi da Caravaggio,
1599-1600, olio su tela, San Luigi dei Francesi, Roma

Ora vi svelo un mio piccolo difetto, mi ci vuole sempre un po' prima di cedere le armi e affidarmi completamente ad una persona, direte che è abbastanza normale, ma se questa persona è il Santo Padre? Forse sono un tantino esagerata non vi pare?

Dei Papi della mia infanzia ho un bellissimo ricordo in particolare Giovanni XXIII, avevo solo 9 anni quando è morto, ma mio padre ci portava spessissimo a Sotto il Monte e ho dei bei ricordi di ciò che il mio papà mi ha raccontato del Papa Buono. Lo vedevo sempre sorridere ai bambini e rivedendo i luoghi della sua infanzia lo sentivo molto vicino a me.

Paolo VI l'ho sempre visto austero e per questo mi era un po' distante, è stato il Papa della mia giovinezza, purtroppo ho iniziato a conoscerlo un po' di più solo negli ultimi anni del suo pontificato, grazie ad un altro "padre" che me lo ha fatto conoscere ed apprezzare: don Luigi Giussani. Di Paolo VI ricordo in particolare ciò che confessò all'amico Guitton. Iniziavano tempi duri e Paolo VI avvertiva che qualcuno operava contro la realtà storica della Chiesa, quasi schiacciandola, ma proprio questa percezione rendeva evidente e rinnovava in lui la forza dell'azione del Signore presente anche in un «piccolo gregge» a Lui fedele: la comunità cristiana, nata per l’energia dello Spirito di Cristo risorto e unita intorno a Pietro e ai successori degli Apostoli. 
«C’è un grande turbamento in questo momento nel mondo e nella Chiesa, e ciò che è in questione è la fede… Ciò che mi colpisce, quando considero il mondo cattolico, è che all’interno del cattolicesimo sembra talvolta predominante un pensiero di tipo non-cattolico, e può avvenire che questo pensiero non cattolico all’interno del cattolicesimo diventi domani il più forte. Ma esso non rappresenterà mai il pensiero della Chiesa. Bisogna che sussista un piccolo gregge, per quanto piccolo esso sia» (J.Guitton, Paolo VI segreto).

Ora non vorrei trasformare questo post in un post di miei ricordi, forse sarà l'effetto dei sessant'anni da poco compiuti, perciò sui due Papi che più amo e ho amato più di tutti, dirò molto poco al momento, anzi pochissimo.
Per la mia storia personale Giovanni Paolo II è stato il Papa che mi ha portato alla consapevolezza dell'esser cristiana, è e sarà sempre il mio Papa, il Papa che amo più di tutti, il Papa che sapeva affascinare noi giovani con le sue parole e con il suo sorriso. Dedicherò a lui altri post.

Benedetto XVI è il Papa che ha cementificato la mia fede, l'ho conosciuto pian piano, passo dopo passo, discorso dopo discorso, lettera enciclica, omelia o quant'altro.  Introducendomi nella sua conoscenza, ho iniziato anche ad amare la sua discrezione, la sua riservatezza il suo amore alla Bellezza, è sì perché in lui tutto rimandava a Gesù. A lui devo lo sguardo in ogni cosa alla vera Bellezza.

Sto scoprendo ora, sempre pian piano come una lumachina, il ciclone umano di Papa Francesco. Mi sbalordisce ogni giorno che passa, non lascia neppure il tempo di sedimentare lo stupore che già fà riaccadere altro.
Mi sono decisa a non aspettare, e per approfondire la sua conoscenza, oggi ho letto finalmente per intero l'intervista che Antonio Spataro gli fece in agosto. Non dico altro di lui, solo che da adesso in poi non potrò non amarlo con la stessa affezione con cui ho amato i suoi predecessori.
Vi riporto qui lo stralcio in cui parla della vocazione di Matteo del Caravaggio, ma vi consiglio caldamente di leggere tutta l'intervista anche se un po' lunga.
La trovate cliccando qui 


Chi è Jorge Mario Bergoglio?

Ho la domanda pronta, ma decido di non seguire lo schema che mi ero prefisso, e gli chiedo un po’ a bruciapelo: «Chi è Jorge Mario Bergoglio?». Il Papa mi fissa in silenzio. Gli chiedo se è una domanda che è lecito porgli... Lui fa cenno di accettare la domanda e mi dice: «non so quale possa essere la definizione più giusta... Io sono un peccatore. Questa è la definizione più giusta. E non è un modo di dire, un genere letterario. Sono un peccatore». Il Papa continua a riflettere, compreso, come se non si aspettasse quella domanda, come se fosse costretto a una riflessione ulteriore. «Sì, posso forse dire che sono un po’ furbo, so muovermi, ma è vero che sono anche un po’ ingenuo. Sì, ma la sintesi migliore, quella che mi viene più da dentro e che sento più vera, è proprio questa: “sono un peccatore al quale il Signore ha guardato”». E ripete: «io sono uno che è guardato dal Signore. Il mio motto Miserando atque eligendo l’ho sentito sempre come molto vero per me».
Il motto di Papa Francesco è tratto dalle Omelie di san Beda il Venerabile, il quale, commentando l’episodio evangelico della vocazione di san Matteo, scrive: «Vide Gesù un pubblicano e, siccome lo guardò con sentimento di amore e lo scelse, gli disse: Seguimi». E aggiunge: «il gerundio latino miserando mi sembra intraducibile sia in italiano sia in spagnolo. A me piace tradurlo con un altro gerundio che non esiste: misericordiando».
Papa Francesco continua nella sua riflessione e mi dice, facendo un salto di cui sul momento non comprendo il senso: «Io non conosco Roma. Conosco poche cose. Tra queste Santa Maria Maggiore: ci andavo sempre». Rido e gli dico: «lo abbiamo capito tutti molto bene, Santo Padre!». «Ecco, sì — prosegue il Papa — conosco Santa Maria Maggiore, San Pietro... ma venendo a Roma ho sempre abitato in via della Scrofa. Da lì visitavo spesso la chiesa di San Luigi dei Francesi, e lì andavo a contemplare il quadro della vocazione di san Matteo di Caravaggio». Comincio a intuire cosa il Papa vuole dirmi.
«Quel dito di Gesù così... verso Matteo. Così sono io. Così mi sento. Come Matteo». E qui il Papa si fa deciso, come se avesse colto l’immagine di sé che andava cercando: «È il gesto di Matteo che mi colpisce: afferra i suoi soldi, come a dire: “no, non me! No, questi soldi sono miei!”. Ecco, questo sono io: “un peccatore al quale il Signore ha rivolto i suoi occhi”. E questo è quel che ho detto quando mi hanno chiesto se accettavo la mia elezione a Pontefice». Quindi sussurra: «Peccator sum, sed super misericordia et infinita patientia Domini nostri Jesu Christi confisus et in spiritu penitentiae accepto».

Tratto dall'ntervista di Antonio Spataro a Papa Francesco, 19 agosto 2013


12 ottobre 2013

La solitudine degli anziani in un cortometraggio



"Il gioco di Geri" di Jan Pinkava fu realizzato dalla Pixar nel 1997, l'autore, per questo breve cortometraggio di soli 4 minuti, vinse l'Oscar per il miglior cortometraggio animato.
Con sottile ironia ci richiama al problema della solitudine che affligge sempre di più i nostri anziani, parla da solo, dovete vederlo assolutamente, non aggiungo altro, se volete ne parliamo poi nei commenti, l'unica cosa che ci tengo a dire è che non sono d'accordo con You Tube che lo ha rinominato Elogio alla follia, mi verrebbe da chiedere: che cos'è la normalità?

09 ottobre 2013

Veglia in difesa della libertà di espressione e della famiglia



[...] Prese il libro di storia per bambini e guardò il ritratto del Grande Fratello che campeggiava sul frontespizio. I suoi occhi lo fissarono, ipnotici. Era come se una qualche forza immensa vi schiacciasse, qualcosa che vi penetrava nel cranio e vi martellava il cervello, inculcandovi la paura di avere opinioni personali e quasi persuadendovi a negare l'evidenza di quanto vi trasmettevano i sensi.

Un bel giorno il Partito avrebbe proclamato che due più due fa cinque, e voi avreste dovuto crederci. Era inevitabile, era nelle logiche del Partito. La visione del mondo che lo informava negava, tacitamente, non solo la validità dell'esperienza, ma l'esistenza stessa della realtà esterna. Il senso comune costituiva l'eresia delle eresie.
Ma la cosa terribile non era tanto il fatto che vi avrebbero uccisi se l'aveste pensata diversamente, ma che potevano aver ragione loro. In fin dei conti, come facciamo a sapere che due più due fa quattro? O che la forza di gravità esiste davvero? O che il passato è immutabile?
Che cosa succede, se il passato e il mondo esterno esistono solo nella vostra mente e la vostra mente è sotto controllo?
[...] Il Partito vi diceva che non dovevate credere né ai vostri occhi né alle vostre orecchie. Era questa, l'ingiunzione essenziale e definitiva. Winston si sentì assalire dallo sconforto al pensiero dell'enorme potere dispiegato contro lui...
[...] Eppure era lui a essere nel giusto! Lui aveva ragione e loro avevano torto. Bisognava difendere tutto ciò che era ovvio, sciocco e vero. I truismi sono veri, era una cosa da tenere per fermo! Il mondo reale esiste e le sue leggi sono immutabili.
Le pietre sono dure, l'acqua è bagnata e gli oggetti lasciati senza sostegno cadono verso il centro della Terra. Con l'impressione di rivolgersi a O'Brien e con la convinzione di formulare un importante assioma, scrisse:
Libertà è la libertà di dire che due più due fa quattro. Garantito ciò, tutto il resto ne consegue naturalmente"[...].
Ero ragazza quando lessi per la prima volta questo libro, era stato pubblicato ancor prima che nascessi e devo dire che non mi aveva colpito più di tanto, mi era sembrato un po' fantascientifico.
Ora Manif Pour Tous Italia invita a soffermarsi un momento su quanto Orwell aveva scritto, in quello che è considerato uno dei suoi più famosi romanzi 1984, rileggendolo, mi è sceso un brivido lungo la schiena pensando a quanto è attuale ora a distanza di 65 anni (fu pubblicato nel 1948).


E' un'importante iniziativa che, prima ancora che essere a difesa della famiglia, è a difesa dell'essere umano, dell'identità di uomo e di donna. 
Ormai l'ideologia del "gender" serpeggia in ogni dove e sembra radicarsi sempre più nelle coscienze che non riflettono sulle conseguenze che essa comporta. I recenti fatti successi anche da noi oltre che in Francia, non ultimo l'intervista a Guido Barilla e le scuse che è stato costretto a fare per aver detto come la pensava sui matrimoni gay, ci hanno anticipato cosa succederà se viene approvata la legge "contro l'omofobia e la transfobia".

Proviamo a capire cosa c'è in gioco, non possiamo stare a guardare, è qualcosa che ci tocca da vicino, è qualcosa che tenta di sradicare le nostre radici cristiane.

Partecipiamo e facciamo conoscere le veglie che si stanno organizzando in tutta Italia nel prossimo fine settimana.
Leggi anche:

02 giugno 2013

la cultura dell'incontro



«Noi dobbiamo andare all’incontro e dobbiamo creare con la nostra fede una “cultura dell’incontro”, una cultura dell’amicizia, una cultura dove troviamo fratelli, dove possiamo parlare anche con quelli che non la pensano come noi, anche con quelli che hanno un’altra fede, che non hanno la stessa fede. Tutti hanno qualcosa in comune con noi: sono immagini di Dio, sono figli di Dio. Andare all’incontro con tutti, senza negoziare la nostra appartenenza.» 

Papa Francesco, Veglia di Pentecoste 2013

03 maggio 2013

Uno di noi - 12 maggio raccolta firme

Ci aspetta un importante appuntamento domenica 12 maggio, nelle Parrocchie italiane verrà effettuata la raccolta firme per l'iniziativa europea "Uno di noi", di cui vi avevo parlato nel post precedente. Al momento sono state raccolte 300mila firme. L'obiettivo come sapete è fermare il finanziamento di esperimenti su embrioni e la promozione dell'aborto terapeutico a livello di Unione Europea. Quindi non mancate è una questione laica che riguarda tutti. 

Così afferma Maria Grazia Colombo. «Questa è una questione laica, di tutti e per tutti. Perché la vita riguarda tutti. È chiaro che i cattolici possono avere un’attenzione maggiore, ma lo sforzo di lavoro deve essere volto a tutti. Perché chiedere una firma vuol dire dover fornire le ragioni del perché si difenda la vita, che non devono mai essere date per scontate. Dare per scontato paralizza, non fa muovere verso gli altri. Invece questa dev’essere un’occasione, come ricordava Papa Francesco, per creare dei ponti».

28 aprile 2013

Uno di noi


Carissimi lettori vi invito a sostenere un'importante iniziativa per la protezione giuridica della dignità del diritto alla vita e dell’integrità di ogni essere umano fin dal concepimento, nelle aree di  competenza UE, nelle quali tale protezione risulti rilevante.



L’embrione umano merita il rispetto della sua dignità e integrità. Ciò è affermato nella sentenza CEG nel caso  Brustle, che definisce l’embrione umano come l’inizio dello sviluppo dell’essere umano. Per garantire la  coerenza nei settori di sua competenza dove la vita dell’embrione umano è in gioco, l’UE deve introdurre un divieto e porre fine al finanziamento di attività presupponenti la distruzione di embrioni umani in particolare in tema di ricerca, aiuto allo sviluppo e sanità pubblica.


APPELLO AL POPOLO ITALIANO
In nome di chi non ha voce,
per dare solidità ai diritti dell’uomo,
per dare piena attuazione ai principi di dignità umana, uguaglianza e solidarietà,
per risvegliare le radici dell’Europa,
per ritrovare speranza in un rinnovamento civile e morale,
noi chiediamo di aderire all’iniziativa denominata “Uno di noi” sottoscrivendo su carta o telematicamente l’apposito quesito già registrato dalla Commissione europea ed ora aperto all’adesione dei cittadini dei 27 Stati dell’Unione.
Noi crediamo che “la questione sociale è divenuta radicalmente questione antropologica” (Benedetto XVI, Caritas in Veritate n.75).
Noi crediamo che il riconoscimento della sempre uguale dignità dell’uomo dal concepimento alla morte naturale è il fondamento della libertà, della giustizia e della pace (Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, 10.12.1948).
Noi constatiamo che le solenni dichiarazioni dei diritti umani rischiano di diventare strumento di oppressione contro l’uomo se viene accettata la più grave delle discriminazioni: quella che nega il diritto di vivere all’essere umano che si trova nelle condizioni più emblematiche dell’esistenza, quali sono il nascere e il morire (Giovanni Paolo II, Evangelium vitae n. 18).
Se il figlio concepito e non ancora nato è “il più povero tra i poveri” (Madre Teresa di Calcutta, premio Nobel per la pace), allora la negazione della sua stessa esistenza ed anzi il tentativo di considerare un diritto la sua distruzione è la “sconfitta dell’Europa” (Giovanni Paolo II, 28 ottobre 1985).
Il 2013 è stato proclamato “Anno della cittadinanza europea” per rendere i cittadini d’Europa più consapevoli della loro appartenenza ad una Unione di valori. Il Trattato di Lisbona, entrato in vigore alla fine del 2009, ha introdotto la possibilità di iniziative di cittadini come strumento di partecipazione democratica che obbliga le Istituzioni a prendere in considerazione e discutere quanto viene richiesto.
Perciò i cittadini, esprimendo una larga adesione all’iniziativa “Uno di noi”, possono aiutare l’Europa a ritrovare la sua anima.
Dichiarando che ogni essere umano fin dal concepimento è uno di noi essi chiedono che la dignità umana sia messa al centro della integrazione europea e che ogni risorsa economica e intellettuale dell’Unione sia destinata sempre a promuovere la vita umana e mai distruggerla.



Possono aderire i cittadini europei di età superiore a 18 anni.
Come documento di identificazione in Italia si può indicare solo la carta di identità o il passaporto. L’uso di un diverso documento (ad esempio la patente) determinerebbe la nullità della adesione e un danno per l’iniziativa.
Si può aderire una sola volta. Firmare più volte sia su carta, sia per internet porterebbe lo stesso danno sopra indicato.
Si può aderire in due modi:
Telematicamente, entrando nel sito www.oneofus.eu (o direttamente nel sito della Commissione europea alla pagina https://ec.europa.eu/citizens-initiative/ECI-2012-000005/public/index.do?lang=it).
Si può scegliere la lingua e compilare i campi proposti.
Su carta. Il sito internet del comitato italiano (www.mpv.org) riporta la scheda utilizzabile che può essere scaricata, stampata e fotocopiata.
Ogni modulo riporta lo spazio per 10 adesioni. Naturalmente è valida anche l’iniziativa del singolo e possono essere inviate agli organizzatori schede con poche adesioni.
L’importante, però è che nessuna firma vada perduta. Perciò è preferibile firmare negli appositi luoghi fissati dagli organizzatori e sulle schede da questi distribuite. Singole associazioni e parrocchie possono organizzare il servizio. Il Movimento per la vita realizzerà presso le proprie sedi periferiche dei punti stabili di raccolta.
In ogni caso le schede con le firme devono essere inviate il più celermente possibile al Comitato organizzativo italiano (Lungo Tevere dei Vallati 2, 00186 Roma) all’attenzione del responsabile della privacy.
Non è necessario l’autenticazione da parte di un pubblico ufficiale, ma è indispensabile che le schede siano redatte in modo chiaro e leggibile. Vi sarà un controllo finale a campione e perciò è necessaria la chiarezza della scrittura.
Il tempo disponibile per la raccolta delle adesioni scade il 1° novembre 2013. C’è, dunque, abbastanza tempo per realizzare una grande mobilitazione. Ma è indispensabile che dall’Italia arrivio un esempio incoraggiante agli altri Paesi. Perciò nella prospettiva di non contentarsi del solo milione di adesioni richiesto
dalla normativa, dobbiamo tentare di ottenere un milione di firme entro il prossimo maggio per poter annunciare che ce l’abbiamo fatta, ma che continueremo per rendere veramente forte la voce dei popoli e per partecipare all’anno della cittadinanza europea, tale è il 2013, connotandolo con l’espressione di una coscienza europea fondata sul riconoscimento della dignità umana, sempre.

28 gennaio 2013

Perché pregare

bambini-in-preghiera

Gesù, racconta san Luca, «passò la notte in orazione» (Lc 6,12). 
Gesù prega. Dopo il battesimo nel Giordano, prima di cominciare la vita pubblica, viene portato nel deserto dallo Spirito Santo: lo spirito di Dio porta Gesù a ritirarsi solo col Padre. Quando Gesù incontra la samaritana accanto al pozzo di Sicar le dice: «Se conoscessi il dono di Dio!». La donna al momento era interessata soltanto al modo più sbrigativo di procurarsi l’acqua. Gesù si adatta alla sua mentalità e le promette un’acqua migliore, un’acqua «viva» che «diventerà una sorgente che zampilla per la vita eterna» (Gv 4, 1-40). Gesù ci conduce al rapporto con Dio presentandolo come qualcosa di desiderabile, qualcosa che appagherà per sempre le nostre aspirazioni. Una maniera, non moralistica, di spiegare che il rapporto con Lui è l’unica cosa che ci rende felici. Devo convincere me stesso che la vera carica, il vero dono, proviene da lì, non da altro.
Una volta, viaggiando in un affollato scompartimento di seconda classe, mi trovai a parlare con una suora che mi suggerì un’immagine suggestiva: quando siamo davanti a Gesù nel tabernacolo ne traiamo beneficio, anche se ci distraiamo, così come al sole ci abbronziamo, anche se stiamo pensando ad altro. Da san Josemaría ho imparato a “fare orazione”, a trattenermi per un certo tempo con Gesù, ogni giorno. 
Sento che la mia vita vale quanto la mia preghiera. È un consiglio che posso dare a un amico per quest’Anno della fede: almeno un quarto d’ora d’orazione al giorno.

Di Pippo Corigliano, tratto da [Tempi.it] 21 gennaio 2013

13 gennaio 2013

Come scegliere un libro e soprattutto farlo apprezzare

Tra i tanti bei libri che l'editoria propone ai ragazzi ne esite una marea senza sugo e consistenza, stupidate, baggianate che lasciano il tempo che trovano, d'altronde questo fa sì che prima di fare un regalo a un bimbo mi trovo costretta mio malgrado a leggerlo prima io. Devo dire per fortuna che esistono le biblioteche che fanno risparmiare un bel po' di soldini, ma è appunto lì che ho incontrato questo mondo di folletti, vampiri e streghe. A volte vorrei consigliare anche alle bibliotecarie di leggerli prima di acquistarli, ma poi scopro che sono inseriti tra le letture a voce alta che ogni settimana propongono a gruppi di bambini. 

A questo punto capisco che anche in biblioteca puoi fare come al supermercato segui l'onda che il mercato propone perché è quello che l'utenza alla fine chiede, ci vuole coraggio per andare contro tendenza, ci vuole coraggio come per la mamma qui sotto dire che ridendo e scherzando obbliga i suoi figli alla lettura perché sa che il piacere verrà dopo.

Devo dire che lavoro in mezzo ai libri e ai miei figli ormai sposati, ho sempre letto io innumerevoli storie, ma solo quelle che piacevano a me e soprattutto ben illustrate, anche storie difficili per la loro età, gliele leggevo un po' per sera. In loro il piacere per la lettura è scattato in tempi e modalità diverse; entrambi direi che hanno iniziato a gustarla un po' di più alle medie, grazie ad un insegnante di italiano (lo stesso per entrambi) che ci sapeva proprio fare, stupiva e affascinava con ciò che raccontava loro, peccato che il prof. Maspes poi si è trasferito a Mosca iniziando ad insegnare in Università. 
Mio figlio maggiore ha poi iniziato a leggere moltissimo e amare la lettura grazie al suo professore di filosofia, riusciva a stimolarlo così tanto che aveva sulla scrivania anche una ventina di libri che leggeva alternativamente. Bastava che il professore facesse una anche piccola citazione, che lui doveva approfondirla e conoscere lo scrittore citato, leggendo non solo più ampiamente il passo, ma spesso l'intero libro. La qual cosa mi faceva sorridere perché alle medie non era molto portato per l'italiano tantè che i professori gli suggerirono una scuola tecnica, ma lui testone (meno male in questo caso) volle iscriversi al liceo classico, sostenuto in questo da don Giorgio Pontiggia, l'unico certo che il ragazzo sarebbe sbocciato. E così fu, non solo fece il classico concludendo con una buona valutazione, ma si iscrisse anche a Filosofia dove si laureò con 110 e lode.

Adesso rivedo in mio nipote la stessa passione per i libri, anzì è molto più attratto dai libri anziché dai giochi così come ho scritto in un altro post.


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I bambini meritano la verità non un surrogato fantasy di Costanza Miriano
Conosco molte meravi­gliose teorie sul fatto che la let­tura deve esse­re un piacere, e come ogni pia­cere deve essere libero e scel­to. Le conosco ma mi guardo bene dall’applicarle. Io perso­nalmente con i miei figli a­dotto piuttosto subdole forme di persuasione occulta, e pos­so anche arrivare a vigliacche minacce terroristiche («Se non provi a leggere due capi­toli, alla xbox stanotte potreb­be anche capitare un inciden­te, per dire...»), convinta co­me sono che il piacere della lettura non è immediato co­me quello che viene dai vi­deogiochi, ma alla fine at­traente lo stesso o di più an­che per un ragazzino. Sarò quindi bocciata dal pedagogi­sta moderno, ma almeno in un modo o nell’altro sto colti­vando in casa giovani famelici lettori. Spesso dunque vado in libreria in ricerca, e faccio davvero molta fatica a trovare bei libri da imporre – volevo dire proporre – ai miei figli. 
Il problema è che tra gli scaffali spopola in modo davvero ab­norme il genere fantasy: vam­piri, creature magiche, elfi, folletti, streghette, morti che camminano, angeli. Una fan­tasiosa mitologia senza nean­che una tradizione alle spalle, raffazzonata, approssimativa, scontata. Un’accozzaglia di robaccia posticcia fatta per solleticare a buon mercato e senza troppo sforzo le paure, le emozioni, il gusto del brivi­do che bambini e ragazzi tan­to amano. So bene che c’è an­che una buona fantasy, tipo quella di Tolkien e di Lewis, ma per quanto ne capisco io – poco – la maggior parte dei loro epigoni mancano ampia­mente il bersaglio.

Mi chiedo dunque i motivi di tanto suc­cesso (se i titoli sono così tan­ti, immagino che siano molto richiesti, non dai miei figli co­munque). Penso che un feno­meno tanto esteso si possa spiegare solo con il bisogno che i bambini hanno di mi­stero, di esplorare in qualche modo qualcosa che vada oltre il mondo sensibile, che dia qualche risposta su quella che è 'la' domanda dell’uo­mo: cosa c’è dopo la morte. In ultima analisi, la loro è una domanda di senso, il grande vuoto contemporaneo. 
Certi adulti che sono stati così so­lerti nel togliere Dio dal pro­prio orizzonte e da quello dei bambini, gli stessi che si preoccupano che la recita di Natale dell’asilo non conten­ga accenni a Gesù, per non ferire nessuna sensibilità, e che a Lui dovranno rispon­derne – lasciate che i bambini vengano a me –, forse non sa­pevano che la libertà che cre­devano di avere conquistato a sé e ai loro figli non è la vera libertà cui anela il cuore dell’uomo. Il quale, se non è davvero liberato, cerca una nuova schiavitù. E così chi non frequenta la Bibbia si mette a leggere di magici mondi sotterranei, di vampiri e, cresciuto, di oroscopi, per non parlare di chi più o meno consapevolmente si tuffa nell’esoterismo.

Chi non cre­de in Dio crede a tutto, il vero credente crede in pochissime cose, sa solo Cristo e questi crocifisso. I ragazzi hanno bi­sogno di certezze salde, di un mondo ben configurato, ma­gari da provare anche a cam­biare, ma solido. Colonne di marmo da superare, barriere belle alte da scavalcare, non l’angosciante liquidità. E non funziona se questo mondo è solo inventato in un libro. Li affascina, li prende, ma non basta, non può bastare, per­ché sa di falso. Qualche gior­no fa avevo a cena un amico dei miei figli, non battezzato, non credente, divoratore di li­bri fantasy. I miei ragazzi, tanto per non farmi rilassare mentre tagliavo fettine e combattevo ammutinamenti contro le verdure, mi sottopo­nevano alle solite domanduc­ce, tipo «chi va nel limbo?», «com’è fatto il purgatorio?», «che vuol dire tentare Dio?».

L’amico, digiuno di simili ar­gomenti, ascoltava a bocca a­perta, affascinato dalla mia certezza (ostentata, peraltro: a volte mi ci vorrebbe un teo­logo a portata di mano, per le emergenze), assetato di rispo­ste salde e credibili. Il suo sguardo pulito sul mondo, il suo desiderio sincero di sape­re meritano di più che rispo­ste artefatte e posticce. Meri­tano la verità.