Vincent Van Gogh - Notte stellata sul Rodano - particolare (Musée d’Orsay, Parigi)

28 gennaio 2013

Perché pregare

bambini-in-preghiera

Gesù, racconta san Luca, «passò la notte in orazione» (Lc 6,12). 
Gesù prega. Dopo il battesimo nel Giordano, prima di cominciare la vita pubblica, viene portato nel deserto dallo Spirito Santo: lo spirito di Dio porta Gesù a ritirarsi solo col Padre. Quando Gesù incontra la samaritana accanto al pozzo di Sicar le dice: «Se conoscessi il dono di Dio!». La donna al momento era interessata soltanto al modo più sbrigativo di procurarsi l’acqua. Gesù si adatta alla sua mentalità e le promette un’acqua migliore, un’acqua «viva» che «diventerà una sorgente che zampilla per la vita eterna» (Gv 4, 1-40). Gesù ci conduce al rapporto con Dio presentandolo come qualcosa di desiderabile, qualcosa che appagherà per sempre le nostre aspirazioni. Una maniera, non moralistica, di spiegare che il rapporto con Lui è l’unica cosa che ci rende felici. Devo convincere me stesso che la vera carica, il vero dono, proviene da lì, non da altro.
Una volta, viaggiando in un affollato scompartimento di seconda classe, mi trovai a parlare con una suora che mi suggerì un’immagine suggestiva: quando siamo davanti a Gesù nel tabernacolo ne traiamo beneficio, anche se ci distraiamo, così come al sole ci abbronziamo, anche se stiamo pensando ad altro. Da san Josemaría ho imparato a “fare orazione”, a trattenermi per un certo tempo con Gesù, ogni giorno. 
Sento che la mia vita vale quanto la mia preghiera. È un consiglio che posso dare a un amico per quest’Anno della fede: almeno un quarto d’ora d’orazione al giorno.

Di Pippo Corigliano, tratto da [Tempi.it] 21 gennaio 2013

13 gennaio 2013

Come scegliere un libro e soprattutto farlo apprezzare

Tra i tanti bei libri che l'editoria propone ai ragazzi ne esite una marea senza sugo e consistenza, stupidate, baggianate che lasciano il tempo che trovano, d'altronde questo fa sì che prima di fare un regalo a un bimbo mi trovo costretta mio malgrado a leggerlo prima io. Devo dire per fortuna che esistono le biblioteche che fanno risparmiare un bel po' di soldini, ma è appunto lì che ho incontrato questo mondo di folletti, vampiri e streghe. A volte vorrei consigliare anche alle bibliotecarie di leggerli prima di acquistarli, ma poi scopro che sono inseriti tra le letture a voce alta che ogni settimana propongono a gruppi di bambini. 

A questo punto capisco che anche in biblioteca puoi fare come al supermercato segui l'onda che il mercato propone perché è quello che l'utenza alla fine chiede, ci vuole coraggio per andare contro tendenza, ci vuole coraggio come per la mamma qui sotto dire che ridendo e scherzando obbliga i suoi figli alla lettura perché sa che il piacere verrà dopo.

Devo dire che lavoro in mezzo ai libri e ai miei figli ormai sposati, ho sempre letto io innumerevoli storie, ma solo quelle che piacevano a me e soprattutto ben illustrate, anche storie difficili per la loro età, gliele leggevo un po' per sera. In loro il piacere per la lettura è scattato in tempi e modalità diverse; entrambi direi che hanno iniziato a gustarla un po' di più alle medie, grazie ad un insegnante di italiano (lo stesso per entrambi) che ci sapeva proprio fare, stupiva e affascinava con ciò che raccontava loro, peccato che il prof. Maspes poi si è trasferito a Mosca iniziando ad insegnare in Università. 
Mio figlio maggiore ha poi iniziato a leggere moltissimo e amare la lettura grazie al suo professore di filosofia, riusciva a stimolarlo così tanto che aveva sulla scrivania anche una ventina di libri che leggeva alternativamente. Bastava che il professore facesse una anche piccola citazione, che lui doveva approfondirla e conoscere lo scrittore citato, leggendo non solo più ampiamente il passo, ma spesso l'intero libro. La qual cosa mi faceva sorridere perché alle medie non era molto portato per l'italiano tantè che i professori gli suggerirono una scuola tecnica, ma lui testone (meno male in questo caso) volle iscriversi al liceo classico, sostenuto in questo da don Giorgio Pontiggia, l'unico certo che il ragazzo sarebbe sbocciato. E così fu, non solo fece il classico concludendo con una buona valutazione, ma si iscrisse anche a Filosofia dove si laureò con 110 e lode.

Adesso rivedo in mio nipote la stessa passione per i libri, anzì è molto più attratto dai libri anziché dai giochi così come ho scritto in un altro post.


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I bambini meritano la verità non un surrogato fantasy di Costanza Miriano
Conosco molte meravi­gliose teorie sul fatto che la let­tura deve esse­re un piacere, e come ogni pia­cere deve essere libero e scel­to. Le conosco ma mi guardo bene dall’applicarle. Io perso­nalmente con i miei figli a­dotto piuttosto subdole forme di persuasione occulta, e pos­so anche arrivare a vigliacche minacce terroristiche («Se non provi a leggere due capi­toli, alla xbox stanotte potreb­be anche capitare un inciden­te, per dire...»), convinta co­me sono che il piacere della lettura non è immediato co­me quello che viene dai vi­deogiochi, ma alla fine at­traente lo stesso o di più an­che per un ragazzino. Sarò quindi bocciata dal pedagogi­sta moderno, ma almeno in un modo o nell’altro sto colti­vando in casa giovani famelici lettori. Spesso dunque vado in libreria in ricerca, e faccio davvero molta fatica a trovare bei libri da imporre – volevo dire proporre – ai miei figli. 
Il problema è che tra gli scaffali spopola in modo davvero ab­norme il genere fantasy: vam­piri, creature magiche, elfi, folletti, streghette, morti che camminano, angeli. Una fan­tasiosa mitologia senza nean­che una tradizione alle spalle, raffazzonata, approssimativa, scontata. Un’accozzaglia di robaccia posticcia fatta per solleticare a buon mercato e senza troppo sforzo le paure, le emozioni, il gusto del brivi­do che bambini e ragazzi tan­to amano. So bene che c’è an­che una buona fantasy, tipo quella di Tolkien e di Lewis, ma per quanto ne capisco io – poco – la maggior parte dei loro epigoni mancano ampia­mente il bersaglio.

Mi chiedo dunque i motivi di tanto suc­cesso (se i titoli sono così tan­ti, immagino che siano molto richiesti, non dai miei figli co­munque). Penso che un feno­meno tanto esteso si possa spiegare solo con il bisogno che i bambini hanno di mi­stero, di esplorare in qualche modo qualcosa che vada oltre il mondo sensibile, che dia qualche risposta su quella che è 'la' domanda dell’uo­mo: cosa c’è dopo la morte. In ultima analisi, la loro è una domanda di senso, il grande vuoto contemporaneo. 
Certi adulti che sono stati così so­lerti nel togliere Dio dal pro­prio orizzonte e da quello dei bambini, gli stessi che si preoccupano che la recita di Natale dell’asilo non conten­ga accenni a Gesù, per non ferire nessuna sensibilità, e che a Lui dovranno rispon­derne – lasciate che i bambini vengano a me –, forse non sa­pevano che la libertà che cre­devano di avere conquistato a sé e ai loro figli non è la vera libertà cui anela il cuore dell’uomo. Il quale, se non è davvero liberato, cerca una nuova schiavitù. E così chi non frequenta la Bibbia si mette a leggere di magici mondi sotterranei, di vampiri e, cresciuto, di oroscopi, per non parlare di chi più o meno consapevolmente si tuffa nell’esoterismo.

Chi non cre­de in Dio crede a tutto, il vero credente crede in pochissime cose, sa solo Cristo e questi crocifisso. I ragazzi hanno bi­sogno di certezze salde, di un mondo ben configurato, ma­gari da provare anche a cam­biare, ma solido. Colonne di marmo da superare, barriere belle alte da scavalcare, non l’angosciante liquidità. E non funziona se questo mondo è solo inventato in un libro. Li affascina, li prende, ma non basta, non può bastare, per­ché sa di falso. Qualche gior­no fa avevo a cena un amico dei miei figli, non battezzato, non credente, divoratore di li­bri fantasy. I miei ragazzi, tanto per non farmi rilassare mentre tagliavo fettine e combattevo ammutinamenti contro le verdure, mi sottopo­nevano alle solite domanduc­ce, tipo «chi va nel limbo?», «com’è fatto il purgatorio?», «che vuol dire tentare Dio?».

L’amico, digiuno di simili ar­gomenti, ascoltava a bocca a­perta, affascinato dalla mia certezza (ostentata, peraltro: a volte mi ci vorrebbe un teo­logo a portata di mano, per le emergenze), assetato di rispo­ste salde e credibili. Il suo sguardo pulito sul mondo, il suo desiderio sincero di sape­re meritano di più che rispo­ste artefatte e posticce. Meri­tano la verità.