Vincent Van Gogh - Notte stellata sul Rodano - particolare (Musée d’Orsay, Parigi)

12 settembre 2010

Così don Bosco rispose all'emergenza educativa del suo tempo


I giovani hanno bisogno di veri maestri, come don Bosco e don Giussani, preti sì, ma innanzitutto uomini, educatori fin nel midollo che abbracciavano con tutto il cuore chi avevano di fronte.



Ragazzi protagonisti della mostra sul carisma di don Giovanni Bosco proposta dai Salesiani al Meeting nel primo anno del decennio dalla Cei dedicato all’emergenza educativa. Intitolata «L’educazione è cosa di cuore e le chiavi del cuore le possiede solo Dio», ripercorre gli anni dell’Ottocento in cui il metodo salesiano si contrapponeva alla repressione, arrivando ai giorni nostri in cui si pone in alternativa all’eccessivo buonismo e libertarismo con cui spesso ci si accosta ai giovani. Per questo l’aspetto storico è costantemente abbinato a rimandi al presente contenuti in pannelli in grande formato che si soffermano sugli snodi della proposta di don Bosco, partendo da una sua citazione che viene poi spiegata e seguita da un rilancio di attualizzazione. La scelta dei Salesiani che hanno curato la mostra è stata quella di adottare una modalità di progettazione allargata coinvolgendo, a partire dal mese di gennaio, una trentina di giovani.


«DON BOSCO? SAREBBE VENUTO AL MEETING» - I ragazzi hanno lavorato sui testi di don Bosco, in particolare le «Memorie dell’Oratorio di San Francesco di Sales» e alcuni scritti delle memorie biografiche. La mostra si è aperta il 22 agosto con l’inaugurazione del Meeting, con i visitatori che sono aumentati di numero fino a toccare 500 presenze al giorno. Come sottolinea don Elio Cesari, delegato dei Salesiani, «questa esperienza è paragonabile a degli esercizi spirituali in cui si è testimoni di ciò che si è vissuto. I giovani che sono stati coinvolti sono il vero contenuto della mostra».

E aggiunge don Cesari: «Ero stato al Meeting qualche anno fa ed ero rimasto colpito dal fatto che ci fossero tanti giovani. Ho pensato che don Bosco avrebbe certamente avuto l’idea di partecipare. L’anno scorso abbiamo quindi fatto una proposta all’organizzazione del Meeting che è stata accolta. L’idea è quella di mostrare la pedagogia di don Bosco, ancora forte e valida oggi, e di offrire a un gruppo di giovani delle nostre realtà di riflettere seriamente sulla proposta educativa di don Bosco».
UN’ESPERIENZA PER I VISITATORI - La prospettiva della mostra si situa non a caso «nell’apertura del decennio dedicato dalla Cei all’educazione, mettendo in evidenza un patrimonio che è un bene non solo dei Salesiani ma della Chiesa tutta e che è stato dimenticato o banalizzato in luoghi comuni, facendo conoscere oggi l’attualità del Sistema Preventivo. Ci inseriamo in quel rispetto per la Chiesa e per il Papa che don Bosco ha sempre avuto».

Quattro, come ricorda don Cesari, gli ambienti in cui si suddivide l’esposizione: «Casa, cortile, scuola e parrocchia, che sono presenti in ogni opera salesiana. La pedagogia di don Bosco è in primo luogo esperienza vissuta e abbiamo, quindi, cercato di far fare esperienza ai visitatori del modo in cui egli rispose all’emergenza educativa del suo tempo. L’idea di fondo è che egli non abbia inventato nulla, ma che abbia vissuto con una nuova pienezza gli elementi della relazione pedagogica».


«LASCIATO UN SEGNO FORTE» - Anche la scelta di coinvolgere così tanti ragazzi nasce dal fatto «che certamente don Bosco avrebbe fatto così: non si può pensare a lui senza pensare ai suoi giovani, non solo come destinatari dell’azione educativa ma come corresponsabili della stessa. Così è nata la congregazione salesiana. Il lavoro fatto in un gruppo grande è stato forse più lento, ma a posteriori ciascuno può riconoscere nelle scelte fatte la propria presenza. Questa è anche la forza della dinamica relazionale, che non vuole subito tirare le somme ma che ragiona sul lungo termine. Certamente questa esperienza lascerà un segno forte in chi si è lasciato coinvolgere».

I ragazzi sono stati coinvolti anche nella spiegazione della mostra. E quella che hanno vissuto nella settimana del Meeting, conclude don Cesari, è stata «un’esperienza molto forte dal punto di vista spirituale, che si traduce anche in una testimonianza attiva. Anche i visitatori che ascolteranno la mostra non si sono trovati come a lezione, ma piuttosto coinvolti in una relazione, come avviene nell’educazione. In fondo sono loro il vero contenuto della mostra».


di Pietro Vernizzi, tratto da [ilsussidiario.net]4 settembre 2010

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