Gesù, racconta san Luca, «passò la notte in orazione» (Lc 6,12).
Gesù
prega. Dopo il battesimo nel Giordano, prima di cominciare la vita
pubblica, viene portato nel deserto dallo Spirito Santo: lo spirito di
Dio porta Gesù a ritirarsi solo col Padre. Quando Gesù incontra la
samaritana accanto al pozzo di Sicar le dice: «Se conoscessi il dono di
Dio!». La donna al momento era interessata soltanto al modo più
sbrigativo di procurarsi l’acqua. Gesù si adatta alla sua mentalità e le
promette un’acqua migliore, un’acqua «viva» che «diventerà una sorgente
che zampilla per la vita eterna» (Gv 4, 1-40). Gesù ci conduce al
rapporto con Dio presentandolo come qualcosa di desiderabile, qualcosa
che appagherà per sempre le nostre aspirazioni. Una maniera, non
moralistica, di spiegare che il rapporto con Lui è l’unica cosa che ci
rende felici. Devo convincere me stesso che la vera carica, il vero
dono, proviene da lì, non da altro.
Una volta, viaggiando in un affollato scompartimento di seconda
classe, mi trovai a parlare con una suora che mi suggerì un’immagine
suggestiva: quando siamo davanti a Gesù nel tabernacolo ne traiamo
beneficio, anche se ci distraiamo, così come al sole ci abbronziamo,
anche se stiamo pensando ad altro. Da san Josemaría ho imparato a “fare
orazione”, a trattenermi per un certo tempo con Gesù, ogni giorno.
Sento
che la mia vita vale quanto la mia preghiera. È un consiglio che posso
dare a un amico per quest’Anno della fede: almeno un quarto d’ora
d’orazione al giorno.
Di Pippo Corigliano, tratto da [Tempi.it] 21 gennaio 2013
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