Tra i tanti bei libri che l'editoria propone ai ragazzi ne esite una marea senza sugo e consistenza, stupidate, baggianate che lasciano il tempo che trovano, d'altronde questo fa sì che prima di fare un regalo a un bimbo mi trovo costretta mio malgrado a leggerlo prima io. Devo dire per fortuna che esistono le biblioteche che fanno risparmiare un bel po' di soldini, ma è appunto lì che ho incontrato questo mondo di folletti, vampiri e streghe. A volte vorrei consigliare anche alle bibliotecarie di leggerli prima di acquistarli, ma poi scopro che sono inseriti tra le letture a voce alta che ogni settimana propongono a gruppi di bambini.
A questo punto capisco che anche in biblioteca puoi fare come al supermercato segui l'onda che il mercato propone perché è quello che l'utenza alla fine chiede, ci vuole coraggio per andare contro tendenza, ci vuole coraggio come per la mamma qui sotto dire che ridendo e scherzando obbliga i suoi figli alla lettura perché sa che il piacere verrà dopo.
Devo dire che lavoro in mezzo ai libri e ai miei figli ormai sposati, ho sempre letto io innumerevoli storie, ma solo quelle che piacevano a me e soprattutto ben illustrate, anche storie difficili per la loro età, gliele leggevo un po' per sera. In loro il piacere per la lettura è scattato in tempi e modalità diverse; entrambi direi che hanno iniziato a gustarla un po' di più alle medie, grazie ad un insegnante di italiano (lo stesso per entrambi) che ci sapeva proprio fare, stupiva e affascinava con ciò che raccontava loro, peccato che il prof. Maspes poi si è trasferito a Mosca iniziando ad insegnare in Università.
Mio figlio maggiore ha poi iniziato a leggere moltissimo e amare la lettura grazie al suo professore di filosofia, riusciva a stimolarlo così tanto che aveva sulla scrivania anche una ventina di libri che leggeva alternativamente. Bastava che il professore facesse una anche piccola citazione, che lui doveva approfondirla e conoscere lo scrittore citato, leggendo non solo più ampiamente il passo, ma spesso l'intero libro. La qual cosa mi faceva sorridere perché alle medie non era molto portato per l'italiano tantè che i professori gli suggerirono una scuola tecnica, ma lui testone (meno male in questo caso) volle iscriversi al liceo classico, sostenuto in questo da don Giorgio Pontiggia, l'unico certo che il ragazzo sarebbe sbocciato. E così fu, non solo fece il classico concludendo con una buona valutazione, ma si iscrisse anche a Filosofia dove si laureò con 110 e lode.
Adesso rivedo in mio nipote la stessa passione per i libri, anzì è molto più attratto dai libri anziché dai giochi così come ho scritto in un altro
post.
***************
I bambini meritano la verità non un surrogato fantasy di Costanza Miriano
Conosco
molte meravigliose teorie sul fatto che la lettura deve essere un
piacere, e come ogni piacere deve essere libero e scelto. Le conosco
ma mi guardo bene dall’applicarle. Io personalmente con i miei figli
adotto piuttosto subdole forme di persuasione occulta, e posso anche
arrivare a vigliacche minacce terroristiche («Se non provi a leggere due
capitoli, alla xbox stanotte potrebbe anche capitare un incidente,
per dire...»), convinta come sono che il piacere della lettura non è
immediato come quello che viene dai videogiochi, ma alla fine
attraente lo stesso o di più anche per un ragazzino. Sarò quindi
bocciata dal pedagogista moderno, ma almeno in un modo o nell’altro sto
coltivando in casa giovani famelici lettori. Spesso dunque vado in
libreria in ricerca, e faccio davvero molta fatica a trovare bei libri
da imporre – volevo dire proporre – ai miei figli.
Il problema è che tra
gli scaffali spopola in modo davvero abnorme il genere fantasy:
vampiri, creature magiche, elfi, folletti, streghette, morti che
camminano, angeli. Una fantasiosa mitologia senza neanche una
tradizione alle spalle, raffazzonata, approssimativa, scontata.
Un’accozzaglia di robaccia posticcia fatta per solleticare a buon
mercato e senza troppo sforzo le paure, le emozioni, il gusto del
brivido che bambini e ragazzi tanto amano. So bene che c’è anche una
buona fantasy, tipo quella di Tolkien e di Lewis, ma per quanto ne
capisco io – poco – la maggior parte dei loro epigoni mancano
ampiamente il bersaglio.
Mi chiedo dunque i motivi di tanto
successo (se i titoli sono così tanti, immagino che siano molto
richiesti, non dai miei figli comunque). Penso che un fenomeno tanto
esteso si possa spiegare solo con il bisogno che i bambini hanno di
mistero, di esplorare in qualche modo qualcosa che vada oltre il mondo
sensibile, che dia qualche risposta su quella che è 'la' domanda
dell’uomo: cosa c’è dopo la morte. In ultima analisi, la loro è una
domanda di senso, il grande vuoto contemporaneo.
Certi adulti che sono
stati così solerti nel togliere Dio dal proprio orizzonte e da quello
dei bambini, gli stessi che si preoccupano che la recita di Natale
dell’asilo non contenga accenni a Gesù, per non ferire nessuna
sensibilità, e che a Lui dovranno risponderne – lasciate che i bambini
vengano a me –, forse non sapevano che la libertà che credevano di
avere conquistato a sé e ai loro figli non è la vera libertà cui anela
il cuore dell’uomo. Il quale, se non è davvero liberato, cerca una nuova
schiavitù. E così chi non frequenta la Bibbia si mette a leggere di
magici mondi sotterranei, di vampiri e, cresciuto, di oroscopi, per non
parlare di chi più o meno consapevolmente si tuffa nell’esoterismo.
Chi
non crede in Dio crede a tutto, il vero credente crede in pochissime
cose, sa solo Cristo e questi crocifisso. I ragazzi hanno bisogno di
certezze salde, di un mondo ben configurato, magari da provare anche a
cambiare, ma solido. Colonne di marmo da superare, barriere belle alte
da scavalcare, non l’angosciante liquidità. E non funziona se questo
mondo è solo inventato in un libro. Li affascina, li prende, ma non
basta, non può bastare, perché sa di falso. Qualche giorno fa avevo a
cena un amico dei miei figli, non battezzato, non credente, divoratore
di libri fantasy. I miei ragazzi, tanto per non farmi rilassare mentre
tagliavo fettine e combattevo ammutinamenti contro le verdure, mi
sottoponevano alle solite domanducce, tipo «chi va nel limbo?», «com’è
fatto il purgatorio?», «che vuol dire tentare Dio?».
L’amico, digiuno di simili argomenti, ascoltava a bocca aperta,
affascinato dalla mia certezza (ostentata, peraltro: a volte mi ci
vorrebbe un teologo a portata di mano, per le emergenze), assetato di
risposte salde e credibili. Il suo sguardo pulito sul mondo, il suo
desiderio sincero di sapere meritano di più che risposte artefatte e
posticce. Meritano la verità.