Vincent Van Gogh - Notte stellata sul Rodano - particolare (Musée d’Orsay, Parigi)

22 febbraio 2014

don Giussani: se sei lieto, lo si vede nei tuoi occhi


Ci risiamo, riparte il Ceck-Up
La medicina ha fatto passi da gigante nella cura di molte malattie, cure e interventi eccellenti ormai allungano la vita di decenni, ma non ti risparmiano la fatica dei controlli e verifiche periodici, quelli restano, anzi, spesso e volentieri ti accompagnano per tutto il tempo che ti è dato da vivere. E questo per me è appunto uno di quei periodi dove mi capita di passare parecchio tempo in ospedale. 
Ultimamente ho incontrato un caro amico che non vedevo da molto tempo, anni addietro ci vedevamo spesso lavorava a pochi metri dal mio luogo di lavoro, da quando è andato in pensione anticipata, praticamente lo vedrò, se sono fortunata, una o due volte all'anno. Questa è la mia settimana fortunata, ci siamo incontrati per la prima volta in ospedale, era lì anche lui per i suoi controlli, mi ha abbracciato stringendo gli occhi fino a farli luccicare, quasi non credeva che ero io.
In quel breve spazio di tempo in cui entrambi attendevamo il nostro turno di chiamata, abbiamo parlato un po', tra un ricordo e l'altro mi ha riportato alla mente tanti fatti e amici comuni. Lui è sempre stato un gran parlatore, parlavo anch'io ma preferivo ascoltarlo, ero catturata dai suoi modi, ogni frase finiva in un sorriso, ma ciò che più mi colpiva erano i suoi occhi, piccoli in quel grande viso gonfio dal cortisone, ma sorridenti, occhietti luminosi che non si staccavano da te. 
A un certo punto guardandomi attorno vedo due facce stupite sulle sedie vicino a noi, non faccio in tempo a chiedermi il perché, che mi rispondo da sola. Io e il mio amico non ci stavamo raccontando barzellette, anzi, ci raccontavamo a vicenda di come stavamo vivendo la vita noi e altri comuni amici, anche loro con una salute non certo eccellente, ma il nostro parlare, i nostri sguardi, non erano per nulla tristi. 
I miei familiari mi dicono sempre che sono una persona forte che sa affrontare le avversità, io non ne sono per nulla certa, sento tutta la fragilità del mio essere e sò bene che da sola non ne sarei capace, ma con l'aiuto di qualcun Altro sì. La stessa cosa era evidente anche nel mio amico, in lui ancor di più, con una forza strarompente che stupiva anche me, era evidentemente lieto, ogni sua parola, ogni suo gesto lo diceva, lieto, di una lietezza che nasceva dal profondo, quasi, oserei dire, grato al Signore anche di queste fatiche che gli toccava vivere. Tra me e me dicevo "che grazia viver così".
A un certo punto mi è sembrato che mi leggesse in volto ciò che stavo pensando ascoltandolo, perché mi dice: noi siamo fortunati per aver incontrato don Giussani e il movimento che ci permette di vivere in letizia anche questo. Non lo sò, forse sono anche arrossita, perché era proprio ciò che mi era evidente in quel momento guardando lui.


Caro don Giuss, proprio oggi, che ricorrono nove anni dalla tua morte, ti ringrazio infinitamente di questo sguardo sulla vita che hai trasmesso a me e a tantissimi amici con il tuo esempio, con la tua vita. E soprattutto, ti prego di ricordarmelo ogni giorno sul volto degli amici.


don Luigi Giussani

"La nostra vita, impostata secondo la sua essenzialità, secondo la sua verità, ha una nota (nel senso delle note della Chiesa) caratteristica, inconfondibile e insostituibile, che è la letizia: un’amicizia, la capacità di un’amicizia lieta (non lieta perché si fanno bagordi per tre ore o per sei). È questa letizia - che caratterizza una trama di rapporti, che caratterizza la persona dentro la trama di rapporti vissuta come sequela - che porta Cristo al mondo. Il mondo è colpito dalla letizia, perché non ne è capace. Come il buon Manzoni parlava della «Pace, che il mondo irride, / Ma che rapir non può»). Comunque, guardate che «pace» vuole dire letizia. Ognuno di voi lo può rilevare da se stesso: è solo se l’esperienza della vita cristiana gli dà letizia che verifica la sua consistenza. La verità sta nella letizia. Badate che questa letizia è una connotazione che può stare mentre uno muore, può stare col più grande dolore, perché non è qualcosa che raggrinza i muscoli, gli zigomi, non c’entra con i muscoli della faccia; c’entra con la faccia, questo sì, c’entra con gli occhi".

Luigi Giussani, punto VIII in Ciò che abbiamodi più caro (1988-1989), BUR, 2011, collana I libri di Giussani: L'equipe.


 






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