Non saprei se dare un voto ad un ospedale è una cosa da fare, la sanità dovrebbe funzionare sempre, in ogni ospedale e in ogni luogo d'Italia anche nel paesino più sperduto, in ogni caso io un voto lo esprimo:
110 e lode all'Istituto Tumori di Milano
Manuel Jimenez Prieto, "Visita all'ospedale", 1897, Siviglia, Museo di Belle Arti |
Ne ho girati molti di ospedali nella mia vita, sia per me che per i miei familiari e parenti, ma da quando sono approdata per la prima volta all'Istituto Tumori tre anni fa devo dire che è un'altra storia.
Direte che sono di parte perché esistono anche altri ospedali efficienti, io lo spero proprio, anzi ne sono certa, ma questo è ciò che è capitato a me, trovare un ospedale che guarda la persona semplicemente come persona, nel suo insieme tenendo conto di tutto. Un ospedale che non è diviso in reparti che esaminano singole parti di un corpo senza neppure parlarsi tra loro e a volte invece che guardare la persona che hanno di fronte, considerano solo la sua malattia. All'Istituto Tumori i medici comunicano fra loro, arrivi alla visita di controllo che sanno già tutto fin nei particolari di ciò che hai fatto in un altro reparto, mi sono sentita guardata in modo diverso come non mi era mai capitato in passato.
Quando tre anni fa sono andata per la prima volta lì su suggerimento di un'amica, non avrei mai e poi mai pensato ad un trattamento del genere, vi faccio solo alcuni esempi senza fare nomi perché non è il caso.
L'oncologo che mi visitò per la prima volta per prima cosa mi fece fare una specie di Check-Cap, ho eseguito anche esami diagnostici che non avevo mai fatto prima in vita mia, tra questi ad esempio la Mineralometria Ossea Computerizzata (MOC) che è una tecnica diagnostica il cui scopo è quello di indagare lo stato di mineralizzazione delle ossa. Ma anche una semplice visita ginecologica, perché anche se il mio problema era al seno, nulla andava trascurato. Eppure ero già in cura da 4 anni da altri oncologi e nessuno mi aveva prescritto questi esami.
Ma il fatto che mi lasciò letteralmente basita è stato che dopo la PET, mi telefona il mio oncologo e mi dice: signora mi sono permesso di fissarle una TAC in tempi brevi per ulteriori accertamenti diagnostici, è d'accordo? Che dire! Mi fa un super favore e mi dice "mi sono permesso". In altri ospedali devi correre tu a destra e a manca per fissare un appuntamento il prima possibile. Ma non è finita lì, dopo mesi di controlli anche se tutto era stazionario e tranquillo mi dice: preferirei sentire anche il parere del chirurgo toracico e davanti a me gli telefona e fissa un appuntamento qualche giorno dopo. Questo a dir il vero non è così puntiglioso come il mio oncologo, mi liquida velocemente senza neppure visitarmi e si limita ad una relazione dove scrive tutto quello che gli racconto e che mi consegna alla fine. Vabbè, in questo caso ho pensato che l'anamnesi potevo farmela da sola e senza spender nulla.
Qualche altro esempio, ho fatto in altri ospedali l'esame istologico e il prelievo di sangue arterioso.
Nel primo caso avevo sentito un male incredibile, esame fatto in sala operatoria e senza utilizzo di strumenti diagnositici a supporto, qui ho trovato un medico e un'infermiera eccezionali nel mettermi a mio agio, l'esame è stato fatto in ambulatorio con uso di strumenti diagnostici, così il medico sapeva bene dove andare, non ho sentito assolutamente nulla. L'esito ha voluto consegnarmelo il medico stesso per poterlo spiegare.
Invece il prelievo di sangue arterioso hanno tentato di farmelo due dottoresse mentre ero ricoverata in altro ospedale, è un esame particolare perché prelevano il sangue dal polso andando molto a fondo per arrivare all'arteria, dopo ben sette tentativi, dolorosissimi per me, non ci sono riuscite e hanno rinunciato, il giorno successivo ha tentato un'altra dottoressa ed è riuscita al secondo tentativo ma anche qui ho visto le stelle. All'Istituto Tumori, ero abbastanza agitata dal ricordo dell'esperienza precedente, invece ho trovato una splendita dottoressa che senza alcun problema mi ha fatto il prelievo, senza farmi alcun male e subito al primo tentativo.
Ma anche la stessa mammografia, ne ho fatte tante di controllo, solitamente è dolorosa e mi restano i lividi dallo schiacciamento, qui un pochetto di male l'ho sentito, ma non c'è paragone e soprattutto nessun livido.
Ultimamente nel mio ultimo intervento sono stata operata da una dottoressa con il nome di uno splendido fiore, qui è stato il top, non ho mai incontrato nessuno così professionale e al tempo stesso attento e gentile non solo con i suoi pazienti, ma anche con altri lì ricoverati.
A volte basta veramente poco a cambiarti la giornata e lo sguardo sulla vita, un piccolo gesto di umanità come la leggera carezza della dottoressa che sfiora la mia mano.
Dopo quest'ultima esperienza, mi son detta, le cose belle si devono raccontare, si parla sempre della sanità che non funziona, dei soldi spesi male, delle lunghe attese, di chi ci guadagna sui mali altrui, come ad esempio il fatto di questi giorni: l'intercettazione telefonica in cui due persone sghignazzano letteralmente pensando a quanto avrebbero guadagnato dai numerosi decessi in ospedale.
Invito tutti a raccontare la sanità pubblica che funziona, a raccontare delle centinaia di medici che hanno a cuore i loro pazienti, per questi essi non sono solo numeri di cartelle cliniche che assicurano la privacy, lì ti chiamano per nome, sanno chi sei e se t'incontrano in corridoio non girano la testa da un'altra parte fingendo di non vederti per non essere disturbati, ma si fermano e guardandoti negli occhi ti domandano: come va?
Nelle sale d'attesa dell'ospedale c'è un manifesto che mi colpisce sempre ogni volta che vado, riporta una sola frase stampata a grandi caratteri:
Tutte le volte che fai finta di niente, il cancro ringrazia.
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