Sabato 24 novembre giorno della 16^ Giornata Nazionale della Colletta Alimentare si avvicina, qui Paolo Perego raccoglie qualche brevissima testimonianza delle migliaia di esperienze che accadono nel giorno della colletta, leggetele e andate anche voi nel supermercato della vostra città ad acquistare prodotti per i più poveri.
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di Paolo Perego, tratto da [Tracce n.10]
Accadrà anche quest’anno. Con l’anziano che regala il suo buono
pasto. O la zingara che offre una bottiglia di olio perché aiutata a sua
volta. E poi il mondo dei volontari. Dove succede di ritrovarti vicino
un avversario politico per imballare pasta e pelati. Tante storie che
superano i confini della Giornata di Raccolta. Siamo andati vedere cosa
rimane di quegli incontri. Scoprendo vite cambiate. E salvate.
C’è stato l’anziano che si è presentato mostrando il buono pasto con cui
fa la spesa ogni giorno: «Ho solo questo, ma oggi lo spendo per voi». O
la vecchietta che, entrata al discount per un litro di latte, ne è
uscita con mezzo. Nell’altra mano, una scatola di legumi: «Vorrei fare
di più, ma davvero non posso...». E l’uomo con mille obiezioni davanti
alla pettorina dei ragazzi che l’hanno fermato, salvo poi scaricare il
bagagliaio dell’auto pieno di alimenti per farli inscatolare ai
volontari. Poi c’è la conoscente della volontaria che si presenta alla
raccolta: «È grande quello che fate». «Vieni anche tu a darci una mano
l’anno prossimo». «Perché aspettare un anno? Oggi pomeriggio sono
libera...». O, ancora, l’anonimo che per anni ha inviato fiori alle
volontarie di un supermercato, in segno di gratitudine.
Lasciano senza fiato le storie, le testimonianze e i fatti che ruotano intorno a un evento nato in sordina nel 1997, e oggi diventato il più grande gesto di carità d’Italia: la Giornata Nazionale della Colletta Alimentare. Sono i numeri a dirlo. Quelli dell’anno scorso, per esempio. Cinque milioni di donatori, 120mila volontari di tutte le età sparsi in 9.000 esercizi italiani. E 9.600 tonnellate di alimenti raccolte, tra carne in scatola, legumi, prodotti per l’infanzia...
Cinque milioni di persone. Se si mettessero una davanti all’altra la fila sarebbe lunga 2.500 chilometri. Da Milano a Messina, andata e ritorno. Ma l’Italia, la Colletta, la attraverserà anche quest’anno, l’ultimo sabato di novembre come da tradizione, il 24.
Tradizione, certo. E per tanti lettori un appuntamento fisso da tempo. Eppure non scontato, come invece può capitare che diventi quando lo si segna in agenda tra le “cose da fare”. «Quest’anno poi sarà ancora di più una sfida», dice Marco Lucchini, direttore e tra i fondatori storici del Banco Alimentare che organizza la Colletta. Gli ultimi dati prodotti da Censis e Confcommercio parlano chiaro: una famiglia su cinque quest’anno non è stata in grado di arrivare a fine mese senza intaccare i risparmi o indebitarsi. E le previsioni per il prossimo quinquennio dicono di aumenti di spesa pro-capite intorno agli 800 euro annui. Hai voglia a chiedere alla gente di fare la spesa per altri. «E invece si può fare», dice Lucchini: «Proporre la Colletta è proporre di andare a fondo di cosa può sostenere la vita anche nelle difficoltà». È un’occasione, per tutti. Ma che vuol dire?
Quel “tutti” è davvero tanto. Milioni di persone. Di storie diversissime, che varcano le porte automatiche del supermercato, magari preda dell’umore della giornata. In quel piccolo punto di tempo e spazio, quel giorno dell’anno in un negozio chissà dove, ecco, quell’occasione accade. Sempre. L’esito è misterioso. Qualcuno può andarsene indifferente. Qualcun altro può sentirsi sfidato e starci.
Il silenzio di Enzo. Davanti a Mohamed, per esempio, si sono fermati in tanti quando il ragazzino egiziano si è messo a tradurre in arabo le dieci righe per gli avventori musulmani del market vicino alla moschea di Milano. Per non dire di Rita, da anni capo-équipe per la Giornata in un centro commerciale di Roma, che ne ha viste tante da aprirci un blog zeppo di storie. Da suo fratello, manager aziendale, trascinato dai figli a guidare furgoni per la spola col magazzino, a Enzo, un anziano che diventato cieco, pur di partecipare, se ne sta ore seduto in silenzio vicino a lei. E Fabio, vecchio avversario politico di Rita all’Annuziatella. «Durante una rissa in una notte di attacchinaggi per il referendum sull’aborto ci prendemmo a secchiate di colla». Solo che poi la capo-équipe se lo ritrova al supermercato. Anche lui trascinato dai figli. «L’anno scorso non è potuto venire, così ci ha scritto: “Vi auguro non di raccogliere un chilo in più dell’anno scorso, ma di incontrare più persone possibile, con cui condividere uno sguardo, un abbraccio”».
Uno sguardo che ad alcuni ha cambiato la vita. Prendiamo Massimo, di Cesena. Imprenditore poco più che cinquantenne, settore trasporti. Lui la Colletta l’ha incrociata una decina d’anni fa. Gli avevano chiesto la disponibilità per dei camion e per un magazzino. «L’occasione per un po’ di pubblicità, più che per fare un bel gesto». Così il primo anno, poi il secondo... «A un certo punto mi sono accorto di essere uno di loro. Che l’interesse iniziale veniva sempre meno, sostituito dal rapporto con le persone che facevano il Banco. Un’amicizia imprevista, anno dopo anno. La Colletta era andata “oltre” il giorno della raccolta». E Massimo è sempre più coinvolto.
«Qualche anno fa ho proposto di iniziare la Giornata con una messa nel magazzino per tutti i volontari. Oggi, la sera prima, alcuni dipendenti, anche musulmani, mi aiutano a preparare l’altare per l’indomani. Bisogna farlo bene, che celebra il Vescovo...». Ma perché la messa? «Cristo è l’origine di quel gesto. E ciò che in quel gesto mi ha cambiato la vita. Non sei tu a creare nulla. Capisci cosa vuol dire, detto da un imprenditore? E poi gli imprevisti, i progetti che saltano. Inizi a vedere che anche le cose che non vanno ti sono date. E le vivi in modo diverso».
Cristo, l’origine di tutto. «Io sono fatto e voluto in questo istante da Dio. Solo la riscoperta di questo rapporto originario permette di vivere ogni cosa da uomini. Perché tutto è occasione per incontrare chi mi sta dando la vita ora. Questa è la novità che attendiamo: poterLo incontrare ancora». È un estratto dalle “dieci righe” che il Banco Alimentare ha pubblicato anche quest’anno per lanciare la Giornata. «Rischiando un dialogo con tutti», dice Federico Bassi, responsabile nazionale della Colletta. «Non proponiamo di fare la Colletta per uno spirito solidale, ma per riscoprire che la vita ci è data, e che è possibile, desiderabile, incontrare oggi Chi mi sta dando la vita ora, in questo istante».
Fino a cambiare casa. Anche spostandosi di settanta chilometri, se serve. Dalla Lomellina a Saronno per fare la raccolta, come Felice. «Me la buttò lì mio cugino Paolo, nel 2005: “Vieni, facciamo questa cosa... qualche ora...”». Non aveva mai visto nulla di simile. Ci è tornato l’anno dopo, e quelli dopo ancora. «Ultimamente ho iniziato a fare un po’ di carità anche dalle mie parti, in altre opere. Oltre la Colletta...». Come crescesse sempre di più il bisogno di rivedere la stessa bellezza. Si può perfino decidere di cambiare casa, per quegli amici. Come è accaduto a Paola, che nel far la spesa qualche anno fa conosce la Colletta. Con Anna e gli altri volontari di quel super nasce un’amicizia così intensa che andare ad abitare vicino a loro diventa vitale.
Per alcuni la Colletta è diventata un lavoro. Patrizia abitava vicino alla prima sede del Banco della Lombardia: «Non sapevo neppure fosse lì. Conoscevo la Colletta, giusto quella». Poi i figli, la necessità di una lavoro. Ora nella nuova struttura del Banco a Muggiò, un magazzino di 3.600 metri quadri nell’hinterland milanese, fa la segretaria generale. Diciotto dipendenti, dai magazzinieri al direttore, Marco Magnelli, e quasi cinquecento volontari, per lo più pensionati, divisi in turni settimanali, a gestire derrate alimentari che vengono raccolte tra aziende e supermercati. C’è da scaricare i camion, stipare la merce, e poi selezionare e ricondizionare le confezioni. «Con un unico criterio», spiega Magnelli: «Tu lo metteresti sulla tua tavola?». Tra i volontari c’è anche il presidente, Gianluigi Valerin, manager di un’azienda del campo energetico: «Oggi serviamo più di 1.200 enti caritativi. E la domanda aumenta sempre di più. Certo, ho la preoccupazione che l’opera cresca, che vada avanti. Ma senza mai venir meno all’origine». Così, due volte al giorno, suona la campana che chiama tutti a dire l’Angelus. «Chiarisce lo scopo di quello che facciamo», spiega Valerin davanti a quattro universitari che stanno per iniziare la loro caritativa a Muggiò: «Come ci ha detto il cardinale Scola, siamo presi a servizio per imparare ad amare. Allora, c’è un giorno privilegiato che si chiama Colletta, ma gli altri 364 hanno la stessa dinamica. Sono dati per maturare questo».
Una quotidianità che conosce bene Giancarlo, fotoreporter in pensione, che oggi, volontario, gira tutti i giorni col furgone di Siticibo, altra maglia della Rete Banco Alimentare, a ritirare i pasti avanzati nelle mense aziendali per riconsegnarli alle opere di carità: «Anche per me è nato tutto con la Colletta. L’ho sempre fatta, ma avevo il desiderio di vedere dove finiva quello che veniva raccolto. Poter guardare quelle facce... Fare tutto questo è per essere più uomo io». Alla giornata dell’anno scorso era al magazzino di Rho, uno di quelli che raccoglie gli alimenti della Giornata. «In meno di un mese finisce tutto. Le opere di carità vengono a ritirare gli scatoloni direttamente lì». La Colletta rappresenta circa il 10 per cento delle “entrate” del Banco, il resto viene dalle eccedenze, dall’Unione Europea e dalle donazioni.
«Alla Fiera di Rho, c’erano anche dei carcerati in permesso per dare una mano», racconta Giancarlo. «Era uno spettacolo. E chi non ha avuto il permesso l’ha fatta direttamente in carcere, come a Bollate grazie all’associazione Incontro e Presenza». A Pescara il permesso lo ha ottenuto Said. Con la notte prima passata a pensare a come sarebbe stata la libertà. Sei ore da trascorrere in un supermercato: «Ogni minuto, ogni secondo. Ogni incontro quel giorno mi ha consegnato un valore. E la mia vita è cambiata», dirà a un anno di distanza.
«Anche noi». Il 24 novembre toccherà anche ai minorenni reclusi nel carcere napoletano di Nisida. L’invito ai ragazzi arriva da un operatore che dall’estate coordina un progetto coi piccoli detenuti, e loro nel frattempo gli si sono affezionati come a un padre. «Cca’ nisciuno fa niente pe’ senza niente! Ma se ci state voi, ci siamo anche noi», gli hanno risposto.
È per l’iniziativa di uno che si “pone” che un altro può aderire. Che poi è la dinamica dell’incontro: «Quest’anno come mai, su questo, saremo messi alla prova», dice Federico Bassi: «Niente sacchetti gialli all’ingresso. Anche perché non ci sono soldi, certo. Ma il fatto è che la Colletta è innanzitutto un incontro: c’è se ci sei tu, non può più essere solo un gesto a cui aderire con il “pilota automatico”».
«Non finisci mai di stupirti e commuoverti. Ogni anno è sempre uguale e sempre nuovo». Mario Amati è stato tra quelli che la Colletta l’hanno portata in Italia, nel 1997. «Il mio “primo” supermercato era in piazza Diocleziano, a Milano. Avevamo visto la raccolta l’anno prima in Francia. Era una buona idea. Ricordo che a Parigi, verso le 4 del pomeriggio, col super ormai vuoto, si presentò una donna di colore: aveva un carrello pieno e un sacchetto in mano. Il volontario allungò la mano verso il sacchetto. “No, è mio questo, il carrello è per voi”. Pensai che non avrebbe mai funzionato da noi. L’anno dopo a Milano, stessa ora, stessa scena. Un anziano. Ecco, lo scetticismo era sconfitto». Anzi, dice, quel miracolo si ripete ogni anno. «Con gente che viene apposta a fare la spesa per la raccolta, come una coppia di anziani che vedo da anni, o i titolari di studi legali trascinati dai dipendenti che si prestano a far pacchi. E quella zingara che si presenta con la sportina piena: “Io sono una di quelle che riceve”...».
Anche a Federica è successo un paio di anni fa. Al supermercato dove fa la volontaria entra una madre con un bimbo nel passeggino: «Signora buongiorno, vuole aderire alla Colletta Alimentare». La donna è titubante: «Ma veramente, io...». «Signora. Non si preoccupi, se vuole possiamo parlarne...», risponde Federica pronta ad affrontarla con mille spiegazioni convincenti. «È che io sono una di quelle aiutate». Un risveglio, per lei che era scesa in campo felice di fare la Colletta, un gesto bello e utile, con quegli amici poi. E invece... «Mi sono accorta che stavo limitando tutto a quello. Per chi lo stavo facendo davvero?» E poi il cuore che le scoppia davanti a quella donna: «Avevo davanti a me Cristo. Si era reso presente dando un volto al mio essere là. Non ricordavo più neppure di avere le mani congelate. Avevo davanti a me il volto di Cristo».
Lasciano senza fiato le storie, le testimonianze e i fatti che ruotano intorno a un evento nato in sordina nel 1997, e oggi diventato il più grande gesto di carità d’Italia: la Giornata Nazionale della Colletta Alimentare. Sono i numeri a dirlo. Quelli dell’anno scorso, per esempio. Cinque milioni di donatori, 120mila volontari di tutte le età sparsi in 9.000 esercizi italiani. E 9.600 tonnellate di alimenti raccolte, tra carne in scatola, legumi, prodotti per l’infanzia...
Cinque milioni di persone. Se si mettessero una davanti all’altra la fila sarebbe lunga 2.500 chilometri. Da Milano a Messina, andata e ritorno. Ma l’Italia, la Colletta, la attraverserà anche quest’anno, l’ultimo sabato di novembre come da tradizione, il 24.
Tradizione, certo. E per tanti lettori un appuntamento fisso da tempo. Eppure non scontato, come invece può capitare che diventi quando lo si segna in agenda tra le “cose da fare”. «Quest’anno poi sarà ancora di più una sfida», dice Marco Lucchini, direttore e tra i fondatori storici del Banco Alimentare che organizza la Colletta. Gli ultimi dati prodotti da Censis e Confcommercio parlano chiaro: una famiglia su cinque quest’anno non è stata in grado di arrivare a fine mese senza intaccare i risparmi o indebitarsi. E le previsioni per il prossimo quinquennio dicono di aumenti di spesa pro-capite intorno agli 800 euro annui. Hai voglia a chiedere alla gente di fare la spesa per altri. «E invece si può fare», dice Lucchini: «Proporre la Colletta è proporre di andare a fondo di cosa può sostenere la vita anche nelle difficoltà». È un’occasione, per tutti. Ma che vuol dire?
Quel “tutti” è davvero tanto. Milioni di persone. Di storie diversissime, che varcano le porte automatiche del supermercato, magari preda dell’umore della giornata. In quel piccolo punto di tempo e spazio, quel giorno dell’anno in un negozio chissà dove, ecco, quell’occasione accade. Sempre. L’esito è misterioso. Qualcuno può andarsene indifferente. Qualcun altro può sentirsi sfidato e starci.
Il silenzio di Enzo. Davanti a Mohamed, per esempio, si sono fermati in tanti quando il ragazzino egiziano si è messo a tradurre in arabo le dieci righe per gli avventori musulmani del market vicino alla moschea di Milano. Per non dire di Rita, da anni capo-équipe per la Giornata in un centro commerciale di Roma, che ne ha viste tante da aprirci un blog zeppo di storie. Da suo fratello, manager aziendale, trascinato dai figli a guidare furgoni per la spola col magazzino, a Enzo, un anziano che diventato cieco, pur di partecipare, se ne sta ore seduto in silenzio vicino a lei. E Fabio, vecchio avversario politico di Rita all’Annuziatella. «Durante una rissa in una notte di attacchinaggi per il referendum sull’aborto ci prendemmo a secchiate di colla». Solo che poi la capo-équipe se lo ritrova al supermercato. Anche lui trascinato dai figli. «L’anno scorso non è potuto venire, così ci ha scritto: “Vi auguro non di raccogliere un chilo in più dell’anno scorso, ma di incontrare più persone possibile, con cui condividere uno sguardo, un abbraccio”».
Uno sguardo che ad alcuni ha cambiato la vita. Prendiamo Massimo, di Cesena. Imprenditore poco più che cinquantenne, settore trasporti. Lui la Colletta l’ha incrociata una decina d’anni fa. Gli avevano chiesto la disponibilità per dei camion e per un magazzino. «L’occasione per un po’ di pubblicità, più che per fare un bel gesto». Così il primo anno, poi il secondo... «A un certo punto mi sono accorto di essere uno di loro. Che l’interesse iniziale veniva sempre meno, sostituito dal rapporto con le persone che facevano il Banco. Un’amicizia imprevista, anno dopo anno. La Colletta era andata “oltre” il giorno della raccolta». E Massimo è sempre più coinvolto.
«Qualche anno fa ho proposto di iniziare la Giornata con una messa nel magazzino per tutti i volontari. Oggi, la sera prima, alcuni dipendenti, anche musulmani, mi aiutano a preparare l’altare per l’indomani. Bisogna farlo bene, che celebra il Vescovo...». Ma perché la messa? «Cristo è l’origine di quel gesto. E ciò che in quel gesto mi ha cambiato la vita. Non sei tu a creare nulla. Capisci cosa vuol dire, detto da un imprenditore? E poi gli imprevisti, i progetti che saltano. Inizi a vedere che anche le cose che non vanno ti sono date. E le vivi in modo diverso».
Cristo, l’origine di tutto. «Io sono fatto e voluto in questo istante da Dio. Solo la riscoperta di questo rapporto originario permette di vivere ogni cosa da uomini. Perché tutto è occasione per incontrare chi mi sta dando la vita ora. Questa è la novità che attendiamo: poterLo incontrare ancora». È un estratto dalle “dieci righe” che il Banco Alimentare ha pubblicato anche quest’anno per lanciare la Giornata. «Rischiando un dialogo con tutti», dice Federico Bassi, responsabile nazionale della Colletta. «Non proponiamo di fare la Colletta per uno spirito solidale, ma per riscoprire che la vita ci è data, e che è possibile, desiderabile, incontrare oggi Chi mi sta dando la vita ora, in questo istante».
Fino a cambiare casa. Anche spostandosi di settanta chilometri, se serve. Dalla Lomellina a Saronno per fare la raccolta, come Felice. «Me la buttò lì mio cugino Paolo, nel 2005: “Vieni, facciamo questa cosa... qualche ora...”». Non aveva mai visto nulla di simile. Ci è tornato l’anno dopo, e quelli dopo ancora. «Ultimamente ho iniziato a fare un po’ di carità anche dalle mie parti, in altre opere. Oltre la Colletta...». Come crescesse sempre di più il bisogno di rivedere la stessa bellezza. Si può perfino decidere di cambiare casa, per quegli amici. Come è accaduto a Paola, che nel far la spesa qualche anno fa conosce la Colletta. Con Anna e gli altri volontari di quel super nasce un’amicizia così intensa che andare ad abitare vicino a loro diventa vitale.
Per alcuni la Colletta è diventata un lavoro. Patrizia abitava vicino alla prima sede del Banco della Lombardia: «Non sapevo neppure fosse lì. Conoscevo la Colletta, giusto quella». Poi i figli, la necessità di una lavoro. Ora nella nuova struttura del Banco a Muggiò, un magazzino di 3.600 metri quadri nell’hinterland milanese, fa la segretaria generale. Diciotto dipendenti, dai magazzinieri al direttore, Marco Magnelli, e quasi cinquecento volontari, per lo più pensionati, divisi in turni settimanali, a gestire derrate alimentari che vengono raccolte tra aziende e supermercati. C’è da scaricare i camion, stipare la merce, e poi selezionare e ricondizionare le confezioni. «Con un unico criterio», spiega Magnelli: «Tu lo metteresti sulla tua tavola?». Tra i volontari c’è anche il presidente, Gianluigi Valerin, manager di un’azienda del campo energetico: «Oggi serviamo più di 1.200 enti caritativi. E la domanda aumenta sempre di più. Certo, ho la preoccupazione che l’opera cresca, che vada avanti. Ma senza mai venir meno all’origine». Così, due volte al giorno, suona la campana che chiama tutti a dire l’Angelus. «Chiarisce lo scopo di quello che facciamo», spiega Valerin davanti a quattro universitari che stanno per iniziare la loro caritativa a Muggiò: «Come ci ha detto il cardinale Scola, siamo presi a servizio per imparare ad amare. Allora, c’è un giorno privilegiato che si chiama Colletta, ma gli altri 364 hanno la stessa dinamica. Sono dati per maturare questo».
Una quotidianità che conosce bene Giancarlo, fotoreporter in pensione, che oggi, volontario, gira tutti i giorni col furgone di Siticibo, altra maglia della Rete Banco Alimentare, a ritirare i pasti avanzati nelle mense aziendali per riconsegnarli alle opere di carità: «Anche per me è nato tutto con la Colletta. L’ho sempre fatta, ma avevo il desiderio di vedere dove finiva quello che veniva raccolto. Poter guardare quelle facce... Fare tutto questo è per essere più uomo io». Alla giornata dell’anno scorso era al magazzino di Rho, uno di quelli che raccoglie gli alimenti della Giornata. «In meno di un mese finisce tutto. Le opere di carità vengono a ritirare gli scatoloni direttamente lì». La Colletta rappresenta circa il 10 per cento delle “entrate” del Banco, il resto viene dalle eccedenze, dall’Unione Europea e dalle donazioni.
«Alla Fiera di Rho, c’erano anche dei carcerati in permesso per dare una mano», racconta Giancarlo. «Era uno spettacolo. E chi non ha avuto il permesso l’ha fatta direttamente in carcere, come a Bollate grazie all’associazione Incontro e Presenza». A Pescara il permesso lo ha ottenuto Said. Con la notte prima passata a pensare a come sarebbe stata la libertà. Sei ore da trascorrere in un supermercato: «Ogni minuto, ogni secondo. Ogni incontro quel giorno mi ha consegnato un valore. E la mia vita è cambiata», dirà a un anno di distanza.
«Anche noi». Il 24 novembre toccherà anche ai minorenni reclusi nel carcere napoletano di Nisida. L’invito ai ragazzi arriva da un operatore che dall’estate coordina un progetto coi piccoli detenuti, e loro nel frattempo gli si sono affezionati come a un padre. «Cca’ nisciuno fa niente pe’ senza niente! Ma se ci state voi, ci siamo anche noi», gli hanno risposto.
È per l’iniziativa di uno che si “pone” che un altro può aderire. Che poi è la dinamica dell’incontro: «Quest’anno come mai, su questo, saremo messi alla prova», dice Federico Bassi: «Niente sacchetti gialli all’ingresso. Anche perché non ci sono soldi, certo. Ma il fatto è che la Colletta è innanzitutto un incontro: c’è se ci sei tu, non può più essere solo un gesto a cui aderire con il “pilota automatico”».
«Non finisci mai di stupirti e commuoverti. Ogni anno è sempre uguale e sempre nuovo». Mario Amati è stato tra quelli che la Colletta l’hanno portata in Italia, nel 1997. «Il mio “primo” supermercato era in piazza Diocleziano, a Milano. Avevamo visto la raccolta l’anno prima in Francia. Era una buona idea. Ricordo che a Parigi, verso le 4 del pomeriggio, col super ormai vuoto, si presentò una donna di colore: aveva un carrello pieno e un sacchetto in mano. Il volontario allungò la mano verso il sacchetto. “No, è mio questo, il carrello è per voi”. Pensai che non avrebbe mai funzionato da noi. L’anno dopo a Milano, stessa ora, stessa scena. Un anziano. Ecco, lo scetticismo era sconfitto». Anzi, dice, quel miracolo si ripete ogni anno. «Con gente che viene apposta a fare la spesa per la raccolta, come una coppia di anziani che vedo da anni, o i titolari di studi legali trascinati dai dipendenti che si prestano a far pacchi. E quella zingara che si presenta con la sportina piena: “Io sono una di quelle che riceve”...».
Anche a Federica è successo un paio di anni fa. Al supermercato dove fa la volontaria entra una madre con un bimbo nel passeggino: «Signora buongiorno, vuole aderire alla Colletta Alimentare». La donna è titubante: «Ma veramente, io...». «Signora. Non si preoccupi, se vuole possiamo parlarne...», risponde Federica pronta ad affrontarla con mille spiegazioni convincenti. «È che io sono una di quelle aiutate». Un risveglio, per lei che era scesa in campo felice di fare la Colletta, un gesto bello e utile, con quegli amici poi. E invece... «Mi sono accorta che stavo limitando tutto a quello. Per chi lo stavo facendo davvero?» E poi il cuore che le scoppia davanti a quella donna: «Avevo davanti a me Cristo. Si era reso presente dando un volto al mio essere là. Non ricordavo più neppure di avere le mani congelate. Avevo davanti a me il volto di Cristo».
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