Vincent Van Gogh - Notte stellata sul Rodano - particolare (Musée d’Orsay, Parigi)

15 ottobre 2015

Al mattino


Alle 10 del mattino di Guido Borelli


Al mattino

Uno si arresta un istante.
pensando che quelle ore che gli incombono
sono un pezzetto del cammino al destino:
"Ti riconosco come il mio scopo".

Padre nostro che sei nei cieli
nel profondo, da cui nasco.
Ti offro la mia giornata.
Questa mia giornata la riconosco come
un passaggio ulteriore verso di Te,
un pezzo del cammino verso di Te.

Aiutami a che io
non mi abbandoni alla violenza
e sia me stesso,
ami, cioè affermi l'altro,
affermi l'altro che è in me,
perché io non mi faccio da me,
e perciò debbo rispettare ciò che sono,
ciò che Tu mi hai fatto.
E debbo rispettare l'altro,
perché Tu l'hai fatto.

don Luigi Giussani

02 agosto 2015

Si può votare un ospedale?

Non saprei se dare un voto ad un ospedale è una cosa da fare, la sanità dovrebbe funzionare sempre, in ogni ospedale e in ogni luogo d'Italia anche nel paesino più sperduto, in ogni caso io un voto lo esprimo:

110 e lode all'Istituto Tumori di Milano
Manuel Jimenez Prieto, "Visita all'ospedale", 1897, Siviglia, Museo di Belle Arti 

Ne ho girati molti di ospedali nella mia vita, sia per me che per i miei familiari e parenti, ma da quando sono approdata per la prima volta all'Istituto Tumori tre anni fa devo dire che è un'altra storia.
Direte che sono di parte perché esistono anche altri ospedali efficienti, io lo spero proprio, anzi ne sono certa, ma questo è ciò che è capitato a me, trovare un ospedale che guarda la persona semplicemente come persona, nel suo insieme tenendo conto di tutto. Un ospedale che non è diviso in reparti che esaminano singole parti di un corpo senza neppure parlarsi tra loro e a volte invece che guardare la persona che hanno di fronte, considerano solo la sua malattia. All'Istituto Tumori i medici comunicano fra loro, arrivi alla visita di controllo che sanno già tutto fin nei particolari di ciò che hai fatto in un altro reparto, mi sono sentita guardata in modo diverso come non mi era mai capitato in passato.
Quando tre anni fa sono andata per la prima volta lì su suggerimento di un'amica, non avrei mai e poi mai pensato ad un trattamento del genere, vi faccio solo alcuni esempi senza fare nomi perché non è il caso.
L'oncologo che mi visitò per la prima volta per prima cosa mi fece fare una specie di Check-Cap, ho eseguito anche esami diagnostici che non avevo mai fatto prima in vita mia, tra questi ad esempio la Mineralometria Ossea Computerizzata (MOC) che è una tecnica diagnostica il cui scopo è quello di indagare lo stato di mineralizzazione delle ossa. Ma anche una semplice visita ginecologica, perché anche se il mio problema era al seno, nulla andava trascurato. Eppure ero già in cura da 4 anni da altri oncologi e nessuno mi aveva prescritto questi esami.
Ma il fatto che mi lasciò letteralmente basita è stato che dopo la PET, mi telefona il mio oncologo e mi dice: signora mi sono permesso di fissarle una TAC in tempi brevi per ulteriori accertamenti diagnostici, è d'accordo? Che dire! Mi fa un super favore e mi dice "mi sono permesso". In altri ospedali devi correre tu a destra e a manca per fissare un appuntamento il prima possibile. Ma non è finita lì, dopo mesi di controlli anche se tutto era stazionario e tranquillo mi dice: preferirei sentire anche il parere del chirurgo toracico e davanti a me gli telefona e fissa un appuntamento qualche giorno dopo. Questo a dir il vero non è così puntiglioso come il mio oncologo, mi liquida velocemente senza neppure visitarmi e si limita ad una relazione dove scrive tutto quello che gli racconto e che mi consegna alla fine. Vabbè, in questo caso ho pensato che l'anamnesi potevo farmela da sola e senza spender nulla.
Qualche altro esempio, ho fatto in altri ospedali l'esame istologico e il prelievo di sangue arterioso.
Nel primo caso avevo sentito un male incredibile, esame fatto in sala operatoria e senza utilizzo di strumenti diagnositici a supporto, qui ho trovato un medico e un'infermiera eccezionali nel mettermi a mio agio, l'esame è stato fatto in ambulatorio con uso di strumenti diagnostici, così il medico sapeva bene dove andare, non ho sentito assolutamente nulla. L'esito ha voluto consegnarmelo il medico stesso per poterlo spiegare.
Invece il prelievo di sangue arterioso hanno tentato di farmelo due dottoresse mentre ero ricoverata in altro ospedale, è un esame particolare perché prelevano il sangue dal polso andando molto a fondo per arrivare all'arteria, dopo ben sette tentativi, dolorosissimi per me, non ci sono riuscite e hanno rinunciato, il giorno successivo ha tentato un'altra dottoressa ed è riuscita al secondo tentativo ma anche qui ho visto le stelle. All'Istituto Tumori, ero abbastanza agitata dal ricordo dell'esperienza precedente, invece ho trovato una splendita dottoressa che senza alcun problema mi ha fatto il prelievo, senza farmi alcun male e subito al primo tentativo.
Ma anche la stessa mammografia, ne ho fatte tante di controllo, solitamente è dolorosa e mi restano i lividi dallo schiacciamento, qui un pochetto di male l'ho sentito, ma non c'è paragone e soprattutto nessun livido.
Ultimamente nel mio ultimo intervento sono stata operata da una dottoressa con il nome di uno splendido fiore, qui è stato il top, non ho mai incontrato nessuno così professionale e al tempo stesso attento e gentile non solo con i suoi pazienti, ma anche con altri lì ricoverati.
A volte basta veramente poco a cambiarti la giornata e lo sguardo sulla vita, un piccolo gesto di umanità come la leggera carezza della dottoressa che sfiora la mia mano. 

 
Dopo quest'ultima esperienza, mi son detta, le cose belle si devono raccontare, si parla sempre della sanità che non funziona, dei soldi spesi male, delle lunghe attese, di chi ci guadagna sui mali altrui, come ad esempio il fatto di questi giorni: l'intercettazione telefonica in cui due persone sghignazzano letteralmente pensando a quanto avrebbero guadagnato dai numerosi decessi in ospedale.
Invito tutti a raccontare la sanità pubblica che funziona, a raccontare delle centinaia di medici che hanno a cuore i loro pazienti, per questi essi non sono solo numeri di cartelle cliniche che assicurano la privacy, lì ti chiamano per nome, sanno chi sei e se t'incontrano in corridoio non girano la testa da un'altra parte fingendo di non vederti per non essere disturbati, ma si fermano e guardandoti negli occhi ti domandano: come va?
Nelle sale d'attesa dell'ospedale c'è un manifesto che mi colpisce sempre ogni volta che vado, riporta una sola frase stampata a grandi caratteri:
Tutte le volte che fai finta di niente, il cancro ringrazia. 

07 giugno 2015

Educare all'affettività e alla sessualità

 
L'educazione sessuale ed affettiva rivolta agli adolescenti è al centro del programma TeenSTAR (Sexuality Teaching in the context of Adult Responsibility).
 
Le ideatrici di questo programa Hanna Klaus e Pilar Vigil negli ultimi trenta anni hanno elaborato un efficace metodo di formazione all'affettività per adolescenti, introdotto con successo in quaranta Paesi. In Italia dal 2010 il TeenSTAR collabora con il Centro di ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
 
Attualmente le statistiche comunicano che tra gli adolescenti sono in aumento gli aborti, il consumo indiscriminato della pillola del giorno dopo e le malattie di trasmissione sessuale. Le nuove generazioni ricevono costantemente informazioni sui modelli da assumere nelle relazioni sessuali, modelli adulti che, subiscono acriticamente, quando ancora non hanno raggiunto la maturità relazionale ed emotiva per poter scegliere e valutare liberamente i propri comportamenti.
I genitori sia per i ritmi di lavoro, che per una certa ritrosia culturale, evitano di affrontare in casa argomenti così delicati, preferendo affidare alla scuola la formazione necessaria sui temi riguardanti l'affettività e la sessualità, incluso le tematiche riguardanti l'identità di genere.
 
Per rendere con un'immagine ciò che rappresenta la pubertà per l'età evolutiva e quindi il rapporto con la corporeità, immaginiamo di affidare ad un tredicenne una Ferrari senza che nessuno gli abbia insegnato a guidarla. Le informazioni che i ragazzi ricevono sull'utilizzo dei contraccettivi, anche nei corsi scolastici, propongono schemi di condotta sessuale che riducono la sessualità alla pura genitalità, presentano un'ambigua differenziazione fra i sessi, indicano l'attività sessuale come fine a se stessa, non affrontano le conseguenze determinate dai comportamenti.
La condotta sessuale nel tempo ha sempre delle conseguenze fisiche e psicologiche, certi atteggiamenti esasperati che leggiamo sui media, rendono palesi le frustrazioni di una sessualità vissuta in modo non corrispondente alla natura della persona.
 
I progetti di politica giovanile delle nazionali occidentali, finanziati dalle organizzazioni internazionali, sono orientati su due impostazioni:
a) Astinenza sessuale: non declina le ragioni adeguate necessarie a determinare il comportamento che promuove e non comunica le conoscenze biologiche necessarie ad una completa informazione.
b) Sesso sicuro: informa su tutti i metodi contraccettivi e sulle malattie di trasmissione sessuale, la sessualità, scissa dalle conseguenze naturali dei comportamenti rende irrilevante la responsabilità della persona.
 
Il TeenSTAR considera che entrambi i percorsi non possano ritenersi educativi dal momento che in età evolutiva è necessario integrare, l'appena sbocciata capacità sessuale, con lo sviluppo della personalità ed il processo identitario in atto.
Il programma TeenSTAR, per consentire ai ragazzi di scoprire il significato profondo della sessualità, utilizza il metodo induttivo, il percorso inizia dalla conoscenza dei ritmi biologici del proprio corpo.
Sono previsti curricoli adeguati alle diverse tappe dell'età evolutiva ed il coinvolgimento dei genitori, per partecipare al programma i minori devono avere il loro consenso.
Uno studio del maggio 2005, presentato al NASPAG (North American Society for Pediatric and Adolescent Ginecology) di New Orleans, ha mostrato l'efficacia del TeenSTAR, nel promuovere scelte consapevoli legate al profondo desiderio di amare ed essere amati, la maggior parte dei teenagers intervistati ha notevolmente ritardato l'inizio dell'attività sessuale.
I risultati di un altro studio, condotto in Cile nelle scuole superiori di Santiago, ha mostrato che il programma ha ridotto di 5 volte il tasso di gravidanze indesiderate.
Puoi trovare gli obiettivi, i contenuti delle unità didattiche i tempi e le modalità e tutte le informazioni sui prossimi corsi in programma sul sito di TeenSTAR Italia.
 

Il prossimo corso base si svolgerà a
ROMA 2 - 5 luglio 2015
CORSO BASE TEEN STAR
Bonus Pastor, via Aurelia 208, Roma

02 maggio 2015

EXPO e dintorni, ovvero l'educazione preme.

EXPO è indubbiamente una grande occasione per tutto il mondo e per l'Italia in particolare.
 
Grande partecipazione all'evento inaugurale in piazza Duomo con Bocelli, sia sul posto che in televisione, segno di un'attesa condivisa da molti.
E poi arriva il 1° maggio, che già di suo è una grande data, e dai discorsi che ho sentito nulla di nuovo all'orizzonte, a parte il collegamento con il Santo Padre e le riflessioni a cui invitava tutti.
Che dire poi della mal pensata di cambiare quella parte del nostro inno nazionale "siam pronti alla morte" con "siam pronti alla vita", mi ha lasciato basita.
Ma chi non è pronto alla vita!!!! Veramente non ha alcun senso cambiare l'inno nato 168 anni fa in un momento storico diverso.
Leggevo in facebook un commento di un certo Rossi G. che trovo condivisibile in alcune sue affermazioni
[...] c'è sempre la possibilità di non eseguire l'Inno nazionale se lo si ritiene inadeguato al comun sentire), a parte l'infantilismo capriccioso - l'Inno piaccia o meno quello è - a parte la megalomania di disporne in modo iper soggettivo di qualcosa che è nata così e non può essere modificata in base alla vulgata corrente, qualunque essa sia - come se "l'Amor, ch'a nullo amato amar perdona" della Divina Commedia diventi, nelle esegesi corrente, la sua negazione per i sol fatto che esiste il divorzio [...] e poi ancora aggiungeva: [...] cambiare le parole di Mameli è termometro di una tendenza ben radicata da sempre nella società, specie in quelle sostanzialmente atee, di non voler pronunciare la parola morte, come se la prima regola del Fight Club del cialtronismo superstizioso e politicamente corretto è quello di non parlare della morte. Ne parlava Chesterton, non è nuovissima come diagnosi, però mai si era arrivati a relativizzare un testo, cambiarne i connotati, e lasciarsi spaventare addirittura dalla "morte" del proprio inno nazionale.  Ci si rifiuta persino di pronunciarla della morte, a mo' di regola socialmente imposta, come se non stesse bene farlo in società. Si finge abbia a che fare il meno possibile con la vita e infatti anche quando si parla di aborto e eutanasia la morte viene verniciata come scelta di libertà e infatti si parla rispettivamente di interruzione volontaria di gravidanza e di dolce morte. Come se affaticarsi a declinare tutto al positivo e levare dalla propria percezione del mondo persino i segni lessicali del negativo servisse a esorcizzare la realtà e quindi il dolore che essa, vera per definizione, porta per forza con sé. Il piano è quello della dissociazione superstiziosa. E fa ridere tanta tristezza.
I fatti accaduti con la violenza dei black bloc devono far riflettere ognuno di noi, secondo me lascia il tempo che trova incolpare quel tal politico o quel funzionario, il movimento dei black bloc si muove solo per far danni, è nella sua origine genetica, l'anarchia, ma far danni dove e quando?
Solo in occasioni come questa, per avere visibilità, perché se fossero veramente contrari al sistema, avrebbero tantissime altre occasioni per manifestare, per cause che danneggiano realmente l'uomo, perché ad esempio non manifestano per gli sbarchi degli immigrati clandestini, li la realtà incombe, migliaia di persone sono morte per fuggire dall'oppressione e dalla fame, e quante ancora ne moriranno. Ma i black bloc che visibilità avrebbero lì, nessuna.

Quello a cui dobbiamo guardare è la reazione immediata di semplici cittadini, pronti a rimboccarsi le maniche e ripulire la città a fianco a chi fa questo per lavoro, così da accogliere i visitatori in una Milano pulita, ma pulita prima di tutto per sé stessi, un luogo bello in cui vivere e lavorare. Questo secondo me è lo sguardo da avere per andare avanti e riprendere il cammino, le recriminazioni servono a ben poco.
Questi fatti non possono lasciarci indifferenti e soprattutto non vanno messi nel dimenticatoio, devono far riflettere ognuno di noi, perché questi giovani violenti sono figli della società che stiamo creando, una società atea e senza valori.
 
L'emergenza sta nell'educazione, e mi riferisco in primo luogo all'educazione di noi genitori non dobbiamo cedere ad altri il diritto di educare i nostri figli in ciò in cui non crediamo. Diritto della famiglia, non diritto di stato, che si sta prendendo libertà che non gli competono come nell'educazione scolastica, lo stato vuol mettere il naso anche su come un individuo debba concepire la sua natura di genere. L'indottrinamento gender nelle scuole parte fin dalla più tenera età, penso che queste tendenze ci condurranno in un futuro con fatti ancora più sconvolgenti degli attuali, ovvero se tutto è possibile e tutto ci è permesso, perché non farlo. E' una libertà fasulla, una libertà senza alcun criterio non forma la coscienza di nessuno, non fa distinguere ciò che è bene e ciò che è male.
D'altro canto la nostra società attuale già rasenta l'assurdo, penso ad esempio a quella piccola alunna redarguita dalla maestra perché si fa il segno di  croce prima di iniziare a pranzare o del divieto emanato da alcune scuole dove non si può più fare il segno della croce.
 
 
Il grande scrittore britannico Gilbert Keith Chesterton scriveva: "Chi non crede in Dio non è vero che non crede in niente perché comincia a credere a tutto" e ancora "Uomini che cominciano a combattere la Chiesa per amore della libertà e dell'umanità, finiscono per combattere anche la libertà e l'umanità pur di combattere la Chiesa".
 
Perdonatemi lo sfogo, non sono in molti a parlare di questi argomenti, sono nonna i miei figli ormai sono grandi e sposati, ma penso ai miei nipotini, penso ai figli di tanti giovani amici, penso a questi bimbi e al mondo che troveranno tra soli vent'anni, e nel mio piccolo, anche scrivendo su un blog, cerco di portare avanti le lotte in cui credo, per una società più umana, più giusta, una società che permetta effettivamente di poter crescere i propri figli secondo valori più umani e per chi crede valori cristiani. Invito a fare altrettanto a chi condivide con me i valori di un'educazione cristiana.
 
Nutrire il pianeta, energia per la vita inizia da qui dal gesto di una bimba che si fa il segno della croce prima di pranzare per ringraziare chi le ha dato tutto.
 

01 maggio 2015

EXPO: nutrire il pianeta, energia per la vita

Grande giornata oggi, sotto un cielo plumbeo milanese è stata inaugurata la grande Kermess di quest'anno "EXPO: nutrire il pianeta, energia per la vita".
 
 
Stupendo il discorso del Santo Padre per l'occasione
 
 [...]“Nutrire il pianeta, energia per la vita”. Anche di questo dobbiamo ringraziare il Signore: per la scelta di un tema così importante, così essenziale… purché non resti solo un “tema”, purché sia sempre accompagnato dalla coscienza dei “volti”: i volti di milioni di persone che oggi hanno fame, che oggi non mangeranno in modo degno di un essere umano. Vorrei che ogni persona – a partire da oggi –, ogni persona che passerà a visitare la Expo di Milano, attraversando quei meravigliosi padiglioni, possa percepire la presenza di quei volti. Una presenza nascosta, ma che in realtà dev’essere la vera protagonista dell’evento: i volti degli uomini e delle donne che hanno fame, e che si ammalano, e persino muoiono, per un’alimentazione troppo carente o nociva.
Il “paradosso dell’abbondanza” – espressione usata da san Giovanni Paolo II parlando proprio alla FAO (Discorso alla I Conferenza sulla Nutrizione, 1992) – persiste ancora, malgrado gli sforzi fatti e alcuni buoni risultati. Anche la Expo, per certi aspetti, fa parte di questo “paradosso dell’abbondanza”, se obbedisce alla cultura dello spreco, dello scarto, e non contribuisce ad un modello di sviluppo equo e sostenibile. Dunque, facciamo in modo che questa Expo sia occasione di un cambiamento di mentalità, per smettere di pensare che le nostre azioni quotidiane – ad ogni grado di responsabilità – non abbiano un impatto sulla vita di chi, vicino o lontano, soffre la fame. Penso a tanti uomini e donne che patiscono la fame, e specialmente alla moltitudine di bambini che muoiono di fame nel mondo.
E ci sono altri volti che avranno un ruolo importante nell’Esposizione Universale: quelli di tanti operatori e ricercatori del settore alimentare. Il Signore conceda ad ognuno di essi saggezza e coraggio, perché è grande la loro responsabilità. Il mio auspicio è che questa esperienza permetta agli imprenditori, ai commercianti, agli studiosi, di sentirsi coinvolti in un grande progetto di solidarietà: quello di nutrire il pianeta nel rispetto di ogni uomo e donna che vi abita e nel rispetto dell’ambiente naturale. Questa è una grande sfida alla quale Dio chiama l’umanità del secolo ventunesimo: smettere finalmente di abusare del giardino che Dio ci ha affidato, perché tutti possano mangiare dei frutti di questo giardino. Assumere tale grande progetto dà piena dignità al lavoro di chi produce e di chi ricerca nel campo alimentare.
Ma tutto parte da lì: dalla percezione dei volti. E allora non voglio dimenticare i volti di tutti i lavoratori che hanno faticato per la Expo di Milano, specialmente dei più anonimi, dei più nascosti, che anche grazie a Expo hanno guadagnato il pane da portare a casa. Che nessuno sia privato di questa dignità! E che nessun pane sia frutto di un lavoro indegno dell’uomo!
Il Signore ci aiuti a cogliere con responsabilità questa grande occasione. Ci doni Lui, che è Amore, la vera “energia per la vita”: l’amore per condividere il pane, il “nostro pane quotidiano”, in pace e fraternità. E che non manchi il pane e la dignità del lavoro ad ogni uomo e donna.
Grazie.
 
Video-messaggio del Santo Padre Francesco in occasione dell'inaugurazione di Expo Milano 2015 , Venerdì, 1° maggio 2015

05 aprile 2015

Santa Pasqua 2015

Pietro e Giovanni accorrono al sepolcro la mattina della Resurrezione
Eugène Burnand,, 1898, Parigi, Musée d'Orsay

"A chi di noi non piacerebbe essere qui questa sera con la stessa faccia tutta spalancata, tutta tesa, tutta desiderosa, piena di stupore, di Pietro e Giovanni in cammino verso il sepolcro la mattina di Pasqua? Chi di noi non desidererebbe essere qui con quella tensione a cercare Cristo, che vediamo nei loro volti, con il cuore pieno di quell’attesa di trovarlo ancora, di rivederlo di nuovo, di essere attratti, affascinati come il primo giorno? ...
Ma chi di noi aspetta veramente che possa succedere una cosa come questa? Come loro, anche noi facciamo fatica a dare credito all’annuncio delle donne, cioè a riconoscere il fatto più sconvolgente della storia, a darvi spazio dentro di noi, a ospitarlo nel cuore perché ci trasformi. Anche noi, come loro, sentiamo il bisogno di essere di nuovo afferrati, perché si ridesti in noi tutta la nostalgia di Cristo. Domandiamo insieme allo Spirito Santo di ridestare in ciascuno di noi l’attesa, il desiderio di Lui".
Dall’Introduzione di Julián Carrón agli Esercizi della Fraternità di Comunione e Liberazione, «Nella corsa per afferrarlo» 4 aprile 2014

25 marzo 2015

Annunciazione

Beato Angelico (Guido di Pietro), Annunciazione del corridoio Nord, 1440-1450
Firenze, Convento di San Marco.

Tutte le volte che ci troviamo a pregare la Madonna, provo un brivido di emozione. L’angelo, presentatosi a Maria, dice: «Ti saluto, o piena di grazia». E Maria, visitando Elisabetta: «...tutte le generazioni mi chiameranno beata...» (Lc 1,28-30). È un’emozione perché, venendo qui, ora stiamo realizzando la sua profezia. Stasera diamo il nostro contributo testimoniando che la profezia si avvera: ti chiameranno beata.
Oggi il richiamo che la giovane israelita, Maria, vuole fare è quello della maturità della fede.
Da lei così giovane (aveva allora circa 15 anni) dobbiamo imparare la maturità della fede. Se una fede non diventa matura, è vana, è svuotata dal clima anticristiano di oggi.
Guardando a Maria, vogliamo ora vedere quali sono i fattori della maturità della fede, cioè quando la fede è matura. Non voglio, così, intendere l’effetto che la fede matura provoca (cioè una fede matura è salda, non si lascia travolgere dall’ambiente), ma mi preoccupa parlare dei fattori che costituiscono la fede.

Esaminiamo il passo dell’Annunciazione (Vangelo di san Luca 1,26-38): fin da qui quella giovane dimostra di essere piena della coscienza che la sua vita apparteneva a un Altro.
1. Di fatto questo è il primo fattore della vocazione: la vita, cristianamente parlando, è una vocazione.
Perché la vita sia sentita come vocazione occorre questo: avere la coscienza che la mia vita è di un Altro. Questa coscienza in Maria non è astratta; ci sono, infatti, due cose che definiscono questa appartenenza della Madonna, nella sua vita concreta, a Dio:
a) si trattava, per Maria, di decidere del suo futuro, della sua vita concreta, di ciò che doveva fare e di come dovesse divenire madre. La Madonna apparteneva a Dio nella concretezza e nella determinazione di ciò che avrebbe dovuto fare: pensiamo a quanto ha sofferto anche all’inizio, quando solo lei sapeva che cosa doveva accadere. Il Signore le chiedeva il suo tempo, le sue giornate: apparteneva a Dio nella modalità fisica del suo tempo.
b) La Madonna aveva, quindi, molto chiaro che la sua vita apparteneva a un Altro, nella concretezza dell’affronto del quotidiano: tutto di lei apparteneva al Signore attraverso un legame preciso, il legame al suo popolo.
La sua vita era dentro, immersa in quella del suo popolo. Ciò che l’angelo le comunicava era dentro la storia del suo popolo. Infatti il disegno che Dio svolge nel mondo è attraverso una solidarietà, una fraternità, un legame di popolo. Si avvera ciò che il papa Paolo VI diceva in un suo discorso: i cristiani fanno nel mondo una specie di razza sui generis.
Ora, se applichiamo questa osservazione a noi, notiamo:
che la tua vita appartenga a un altro, questo è evidente (non mi sono fatto da me): ma è dentro le determinazioni di tutti i giorni (nel lavoro, in tutto ciò che fai, sia che lo voglia o lo debba fare, nella fatica, nella gioia, ecc.) che tu appartieni a un Altro, in ogni attimo.
Se avessimo questa coscienza (cioè a chi appartengo) quando formiamo una famiglia, quando andiamo a lavorare, quando affrontiamo qualsiasi cosa della nostra giornata, se pensassimo che lì noi stiamo costruendo il suo popolo, apparteniamo lì al suo popolo, che nobiltà sentiremmo nella nostra esistenza!
Concludendo, il primo fattore, per una fede matura, è quindi riconoscere una presenza che mi possiede in tutto. Mi possiede per realizzare un disegno che si chiama “popolo di Dio”, perciò niente di ciò che vivo è inutile, neanche un istante è vano: dovremmo rendere conto di tutto ciò che viviamo, perché tutto è per il Suo disegno.
 
2. Continuando a seguire il passo dell’Annunciazione, vediamo ora il secondo fattore di una fede matura.
L’angelo parlò dicendo: «...non temere, Maria, perché hai trovato grazia agli occhi di Dio... Il Signore Dio gli darà il trono di Davide [qui vediamo il legame con il popolo]. Maria disse: avvenga di me ciò che hai detto»: cioè fiat (cfr. Lc 1,30-38). È questo fiat il secondo elemento per una fede matura: è l’energia di quel sì. Come san Paolo chiamerà Gesù: l’«Amen», il «sì» di Dio (cfr. 2 Cor 1,18-20).
Questa energia è la forza della volontà, o meglio della libertà.
La libertà che aderisce dice: «Sì, riconosco». Ci può essere, però, un riconoscimento che non accetta, non si coinvolge. In questo modo la mia fede diventa fiacca, vuota, senza senso. Bisogna sottolineare la ragionevolezza di quel «sì»: perchè lei ha detto di sì?
Nel mistero di quel momento la Madonna ha intuito che era proprio un annuncio di Dio, Dio vero. Così è avvenuto anche per noi. Infatti nessuno di noi è cristiano se non perché, in qualche modo, l’intuito, il capire che Cristo è vero, la Chiesa è vera, il mistero cristiano è vero, l’ha preso anche solo per un attimo. Tutti abbiamo avuto questa intuizione.
La grandezza della Madonna è la sua semplicità: lei ha detto: «Sì» e basta, non chiedeva altro. Noi, invece, abbiamo sempre bisogno di qualcosa d’altro, di qualche prova in più per potere essere decisi.
La maturità della fede, Cristo l’ha definita, paragonata al bambino. Il bambino sente istintivamente di appartenere ai genitori e di fronte alle cose dice: «Sì», sgrana gli occhi: non chiede altre conferme di ciò che vede. Quello che il bambino fa per istinto di natura, l’uomo con una fede matura lo fa coscientemente. Quindi la maturità della fede è il bambino che da istinto diventa coscienza, con la stessa semplicità.
 
3. «Allora Maria disse: “Ecco la serva del Signore...”. E l’angelo partì da lei» (cfr. Lc 1,38). Pensiamo ora a Maria rimasta sola in casa: sola di fronte a quella cosa enorme che le era stata proposta, detta.
Poteva dire: «Non ho sentito niente, era un’illusione!». Ma non avviene così. Da questo nasce il terzo fattore della maturità della fede: è l’energia, la forza per rimanere nel Signore, per permanere in ciò che si è visto.
Noi, invece, di fronte alla prima fatica, facciamo obiezione, diciamo: «Non è vero». Maria è sola, fa fatica, ma è “ferma”. La sua è una semplicità con una forza grande e semplice.
Persino Abramo si era lamentato, Mosè aveva tremato: Maria è certa nella sua solitudine. Maria è una fortezza, grande e semplice. Anche Giannetta, qui a Caravaggio, e Lucia a Fatima provarono la stessa solitudine, ma furono sorrette dalla stessa certezza, furono ferme. Semplicità impavida (cioè piena di emozione), che ha sfidato tutta la vita da sola con «quella cosa» che le era stata detta. Sola di fronte alla gente che non crede, di fronte al lavoro che deve fare: c’è la solitudine e c’è l’adesione sua al Signore.
Ciò che in noi non deve venire mai meno è l’adesione della nostra fede: quando le emozioni non ci sono più, quando non hai più la carica iniziale, quando gli amici non ci sono, ciò che deve rimanere è la nostra fedeltà all’adesione data a Cristo.
 
Quindi i tre elementi che distinguono la maturità della fede sono:
1. Coscienza di appartenere a un Altro (appartenenza con i propri pesi, i propri peccati, al Corpo visibile di Cristo, la Sua Chiesa).
2. Energia del «sì»: semplicità della libertà. Niente diventa obiezione. Semplicità che ci fa vivere da uomini coscienti. (Devi dire: «Sì», perché con i «ma» e i «però» non sarai mai convinto).
3. Fedeltà: energia per permanere nel Signore, nella sua Chiesa.

Ora leggo ciò che per me è il simbolo della nostra povera vita personale e collettiva, diversa da quella di Maria: «...Perché noi non abbiamo potuto scacciarlo? ...Per la vostra poca fede. [rispose Gesù] ...Niente vi sarà impossibile...» (Mt 17,20).
Nel mondo d’oggi, noi, dal punto di vista di cristiani, siamo come epilettici: una volta pieni di emozione e un’altra freddi, senza speranza ed energia. Siamo fragili e volubili: questa fragilità e volubilità disfa la fede. Quindi la fede perde il suo fascino, la sua forza: «...chi mi segue avrà il centuplo quaggiù...» (cfr. Mt 19,29; Mc 10,29-30; Lc 18,29-30). Noi non siamo come chi ha perso la fede: siamo, invece, fragili e volubili. Qual è il mezzo per scacciare questo «demonio»? Anche Gesù lo dice: la preghiera e la penitenza, il digiuno.

La preghiera è il riconoscimento di qualcosa di più grande tra noi: Cristo tra noi. Con la preghiera Cristo ci diventa familiare. Avere coscienza di questa presenza (e questo è esaltante, è una profondità nuova perché è la coscienza di Dio che governa il nostro corpo) vuol dire espropriarsi, è perdersi, non possedere più niente: abbiamo tutto, ma siamo stati strappati da tutto. Questo è il digiuno: è il coraggio gustoso del sacrificio. Questo distacco da tutto fa nascere di più la passione per Cristo: ancora una volta, Maria sotto la croce è espropriata da ciò che le era stato dato. Infatti Gesù, rivolgendosi a lei dalla croce e indicandole Giovanni, dice: «Donna, ecco tuo figlio!» (Gv 19,26): più espropriata di così! Eppure lì possedeva ancora di più la coscienza della sua appartenenza.
Ma che cos’è, cristianamente parlando, il distacco nell’avere le cose? È la verginità: è l’ideale della vita cristiana, il possesso vero delle cose. È un valore da vivere in tutte le vocazioni. Questo coraggio del sacrificio fa possedere di più tutto, perché tutto appartiene a Cristo, come io appartengo a Lui.
Il sintomo della maturità della fede è la memoria, per cui Cristo, reso presente fra noi, diventa familiare a noi in ogni luogo (non solo in chiesa) e da ciò nasce il coraggio di possedere le cose nella verginità, come la Vergine Maria ci ha insegnato.

Luigi Giussani
Appunti dall’intervento al Santuario della Beata Vergine di Caravaggio, 3 giugno 1982



19 marzo 2015

Auguri bisnonna Pinuccia

Questa splendida aiuola di primule del giardino di casa mia è tutta opera della bisnonna Pinuccia nel fior fiore delle sue ottantacinque primavere.

 
Oggi si festeggia San Giuseppe ed è l'onomastico della mia mamma Giuseppina, per noi Pinuccia, ed è anche la festa del papà, il mio ormai non c'è più da tantissimi anni e ci guarda da lassù.
Mio padre per San Giuseppe regalava sempre a sua moglie qualche nuova pianta da mettere in giardino, era diventata una tradizione favorita anche dal periodo giusto per il trapianto.
Stamattina, praticamente all'alba, mia madre era già in giardino a trapiantare primule!!!!
Spesso i vicini di casa, ma anche persone che passano davanti a casa nostra, si fermano a far quattro chiacchere e le chiedono dei fiori, adesso che siamo all'inizio della primavera mostrano i loro sgargianti colori le primule, sono semplici da trapiantare e poi si propagano velocemente basta dividere in due la pianticella madre. Ma non manca anche la distribuzione di narcisi e iris, più avanti seguirà la distribuzione delle calle, poi le piantine già attecchite di lavanda e i semi delle belledinotte e via di seguito solo per parlar di fiori.
L'orto ormai non lo segue più nessuno, ma giusto le quattro cose che crescono da sole senza troppa fatica anche quelle non riesce a fare a meno di condividerle.
E così il mio vicino ormai non compra più la rucola, perché è molto più tenera quella della Pina, menta salvia e rosmarino ormai invadono il giardino tante sono le pianticelle che stanno crescendo per donarle, anche alle figlie che non abitano più con noi e che immancabilmente le fanno morire.
Poi seguiranno fagiolini, peperoncino dolce e pomodori a grappolo. I pomodori che restano verdi e non maturano finiscono nella marmellata di pomodori verdi con la quale realizza dolci a mezzaluna. Le piantine di basilico prenderanno il posto delle primule per fare la scorta di pesto da surgelare, perché la prima nipotina femmina è allergica ai latticini e mangia il pesto senza formaggio.
Non manca neppure la frutta da distribuire: prugne, albicocche e cachi, uva bianca e uva americana. L'unica frutta che scompare nella pancia di qualcuno appena matura sono le fragole, sono dolci, sode e gustose, non mollicce come quelle che spesso si comperano.
Ah cara mamma se non ci fossi tu a curare amorevolmente il giardino sarebbero solo erbacce.
Un grande abbraccio da tua figlia maggiore e dai suoi nipotini che appena arrivano si divertono a rimestare la terra con la nonna-bis.
 

17 marzo 2015

Gioia che traspare

Carissimi, quest'oggi vi propongo una bella riflessione dell'amica Annamaria.
 
 
 
"Capita di osservare talora nel comportamento altrui - ma a volte anche in noi stessi - un'accattivante immediatezza molto simile alla spontaneità, che tuttavia si rivela poi superficiale e priva di spessore.
Si tratta in realtà di quella sbadataggine che spinge, in certe situazioni, a dire la prima parola che ci passa per la testa o fare la prima cosa che ci viene in mente così, senza pensarci troppo.
Ma c'è - al contrario - un'immediatezza affascinante come un miracolo, nella quale si percepisce che parole, azioni, gesti della persona che abbiamo davanti sono una cosa sola in profonda unità con tutto il suo essere. 
Discorsi e comportamenti sgorgano allora come acqua sorgiva che affiora limpida e altrettanto limpida scorre poi tra i ritmi della quotidianità; e non importa che si tratti - a volte - anche di minime cose, ma tutto è luminosamente e splendidamente vero.
E' un atteggiamento di semplicità, una sorridente effusione del profondo, una vera e propria trasparenza del cuore simile a quella dei bambini quando ancora non si sono conformati al mondo degli adulti. Immediatezza, del resto, significa proprio assenza di artificio perché ciò che siamo arrivi agli altri in modo diretto, non mediato da qualsivoglia condizionamento, difesa o paura. 
Siamo noi e siamo liberi." [...]
 
potete leggere tutto il post sul suo blog : Gioire in musica


 

13 marzo 2015

Qualcosa dentro qualcosa


Il bello dell'alzarsi al mattino
è che noi non siamo lasciati da soli
con il nostro niente,
con il nostro sentimento,
con il nostro stato d'animo,
con la nostra percezione.
Oggi siamo qui e il Signore
ci è venuto incontro in tanti modi
da quando abbiamo aperto gli occhi questa mattina:
dalla bellezza del reale che ci circonda
al volto degli amici...
Il Signore ricomincia la lotta contro il dualismo,
contro il nichilismo,
ogni mattina,
venendo incontro a noi:
non ci lascia soli.

Juliàn Carròn
da "Qualcosa dentro qualcosa"
La thuile - 27-31 ago 2005

07 marzo 2015

Al mattino




Al mattino  di Adriana Mascagni

Al mattino, Signore, al mattino
la mia anfora è vuota alla fonte
e nell’aria che vibra e traspare
so che puoi farmi grande, Signore.
La, la la ...

E le ore del giorno, al mattino
di tua gloria son tenera argilla.
Uno è l’alveo del mio desiderio:
ch’io ti veda, ed è questo il mattino.
La, la la ...



Al mattino è nata così: io sono una dormigliona e faccio fatica la mattina sempre, fin da allora, ad alzarmi. In più, a quell'epoca facevo un po' di resistenza, perché voleva dire alzarsi per preparare gli esami e non avevo molta voglia neanche di questo. Ma Giussani, in questo, mi aiutava moltissimo: mi affiancava persone gentili, che mi venivano a prendere a casa per portarmi a studiare alla biblioteca Sormani, e una di queste persone era Peppino Zola. Quella mattina venne a prendermi con la lambretta: improvvisamente mi sono accorta che il mattino presto era stupendo; c'era quell'aria fresca, pulita, e soprattutto la percezione della preziosità dell'inizio, perché nell'inizio c'è la percezione del divino, nell'inizio c'è il divino, l'inizio è gesto del Mistero, è gesto del divino, e in quel gesto divino c'è la promessa di una grandezza, di una gloria di cui tutto quello che viene dopo, le ore del giorno, sono come una tenera, fragile argilla della gloria, della Sua gloria. E allora tutti i miei desideri si riassumevano in un: "Che io ti veda, ed è questo il mattino".

06 marzo 2015

La primavera è alle porte

Ebbene sì la primavera è alle porte e mi sono decisa a risvegliare anche il blog dal letargo.
Si sente al telegiornale dei disastri  causati dal maltempo e dal vento forte di questi giorni, grazie al cielo qui da noi a Milano c'è stato solo vento, niente acqua o neve.
L'aria è tersa, il cielo ora è limpido e pulito e, se si riesce ad avere una vista dall'alto, magari anche solo da un cavalcavia, si possono ammirare le catene montuose innevate, e ringraziare chi ci ha donato tutto ciò.
Non ho trovato una foto con lo spettacolo che si vede da casa mia, ma anche questa tratta da MilanoCam.it può andare.

 
Stamane stando sul balcone fa frescolino, ma il sole caldo ti entra fin nelle ossa, così non ho acceso il riscaldamento in casa e ho spalancato tutte le finestre per far entrare un po' della brezza primaverile in arrivo. Ho una miriade di cose da fare, compreso un lavoretto che mi hanno commissionato, ma è una di quelle che giornate in cui ti siederesti su un sasso, immobile come una lucertola, pronta a lambire ogni raggio di sole, e io mi son lasciata tentare.
 
Ad onor del vero non è proprio andata così, la mattinata l'ho trascorsa sui miei balconi a rinvigorire le pianticelle dal letargo dell'inverno. E' bello rimestare nella terra affondando le mani per piantare i bulbi, amo i balconi fioriti con le diverse qualità di fiori alternate alle pianticelle aromatiche, il balcone della cucina, che è anche il luogo dove dimoro abitualmente, dalla primavera all'autunno è un po' raffazzonato come un giardino inglese. Salvia, timo, origano e rosmarino non mancano mai, e c'è pure qualche piantina di fragole, tra poco pianterò il basilico e quest'anno aggiungerò anche prezzemolo e carote, ho già fatto una prova lo scorso anno e ho visto che il pollice verde funziona.
 
E' sbocciata anche la piccola rosellina bianca dai petali screziati, è una rosellina delicata che si ammala spesso, ma poi cocciuta come la sua padrona, si riprende ogni volta più bella di prima. I ciclamini più grandi sono fioriti, quelli piccoli non ancora. Le mie varietà di piante grasse sono ancora tutte vive e vegete, le avevo coperte con il tessuto non tessuto e hanno retto bene il gelo dell'inverno.
Ma la cosa sorprendente è che c'è ancora un vaso di surfinie vivo anche se un po' malconcio, e praticamente sorpresa delle sorprese, tutte, ma proprio tutte le pianticelle di gerani sono vive e vegete, sono bellissime con tante tonalità di verde e con numerosi germogli di foglioline. Sono stupita io per prima, le ho solo bagnate qualche volta e coperte con il tessuto, forse per il primo anno non dovrò riacquistarli, staremo a vedere.
La buganville invece non so se si riprenderà, aveva retto bene, fino a un mese fa era ancora florida, ma poi man mano son cadute le foglie e durante i giorni della merla sembrava ormai avvizzita. Ho tagliato i rami secchi e tolto tutte le foglie rinsecchite ho messo un po' di concime e ora non mi resta che aspettare.
Avevo proprio bisogno di stare un po' in mezzo alle mie pianticelle e dedicarmi a loro, è una sensazione gratificante che alleggerisce ogni triste pensiero.